Ristrutturare è un’esperienza catartica e illuminante che tutti, una volta nella vita, dovrebbero provare per conoscere i propri limiti di tolleranza, oltre che per provare il brivido del conto corrente in rosso.

Ribadisco una volta nella vita.
Ristrutturare una seconda casa a distanza di 6 anni dalla prima non è un’esperienza catartica è masochismo allo stato puro.
Il mio lato creativo e ossessionato dal design d’interni verrà accuratamente messo a tacere nei prossimi anni, rompendo la regola sacra che non c’è due senza tre.
La si riconosce bene una persona in fase di ristrutturazione: faccia rigorosamente bianca, con le occhiaie sempre pronte a sciupare ogni foto ricordo, sobbalza a ogni squillo del telefono e ha il nome del proprio architetto spalmato su tutto il registro chiamate.
La pratica in Comune, la scelta dell’impresa, il vaglio dei preventivi, i cambi di progetto in corso, la lunga scelta dei rivestimenti, la lotta quotidiana con l’iva, le diatribe condominiali….. Devo continuare?
In un crescendo l’ansia e gli odiosi imprevisti si moltiplicano più vai avanti nei lavori, loro aumentano e il tuo c/c crolla. Arriva poi il momento in cui smetti di fare conti, previsioni, stime e ti lasci trascinare in balia degli eventi fino alla loro conclusione. Non pensi più al colore delle pareti, alla scelta delle finiture, all’abbinamento dei tessuti con le tende.
Sogni una semplice canadese. Una di quelle che si aprono da sole e diventano una borsetta.
Giuro, la prossima volta…