La donna del giorno*

Anni fa trovai nel mio amato D-Repubblica un articolo dal titolo a dir poco interessante: L’importanza di essere Cecilia, scritto in un bel grassetto nero.

Ovviamente da buon egocentrica ritagliai il titolo dalla pagina per incorniciarlo, come se la mia camera di 20enne non fosse già abbastanza piena di me. Ancora mi sembra strano che non scrissi quel titolo nelle pareti a caratteri cubitali. Forse perché non c’erano più pareti vuote.

Questo episodio mi è tornato recentemente alla mente perché al momento ho difficoltà a capire cosa voglia dire Essere Cecilia e ancora di più fatico a riconoscerne l’Importanza di esserlo.

La mancanza di sonno, la totale simbiosi con un neonato, la permanenza prolungata tra le mie quattro mura e il terrazzo mi hanno trasformato in qualcosa che devo ancora capire. Non lavoro, scrivo poco, leggo ancora meno, cucino spesso, passo le mie giornate tra la farmacia e il parco, con la speranza di accaparrarmi un po’ di fresco.

Ci sono già passata cinque anni fa, so che l’allattamento è immersivo e l’odore del neonato è inebriante – non quello del suo vomitino o dei pannolini sporchi che ti rimane incollato al naso per giorni – e in tutto questo ci si può perdere.

Lo smartphone diventa l’unico collegamento con il mondo con il rischio di rimanere imbottigliati nel mare magnum dei reel di mamme disperate o pancine che fanno apparire l’essere mamma come qualcosa di estremo, in un senso o nell’altro. L’unica zattera di salvataggio sono sempre le amiche, quelle del venerdì sera che come te remano per non affondare e che anche se più vecchie si, ti tengono a galla. Sono le uniche con le quali puoi parlare male dei suoceri, cosa non banale.

Oggi ho messo il piccolo Leone nella palestrina, almeno qualcuno in questa casa finge di fare sport, e mi sono fermata a pensare o meglio a scrivere questo mio senso di straniamento. Cosa vuol dire Essere Cecilia oggi? Come ricordarmi l’importanza di Essere Cecilia oggi?

Non ho trovato ancora una risposta nè alla prima nè alla seconda domanda.

Mesi fa pensavo che in maternità mi sarei finalmente dedicata alle mie passioni: scrivere un libro, fare centrini con il macramè, passeggiare per mercatini e fare lunghe colazioni con un libro o un giornale in mano.
Finalmente avrei avuto il tempo per riconnettermi al mio vero Io, facendo ciò che più amo.

Stupidamente non avevo calcolato il fatto che la maternità implica occuparsi di un neonato ed ecco ad oggi infatti la mia confusione e la sensazione che in questi 4 mesi ho perso tempo, tempo per riconnettermi con la vera Cecilia prima di rientrare al lavoro.

Solo ora che lo scrivo mi rendo conto di quanto utopistica fosse la mia previsione e che essere mamma è da tempo una parte di me, non più separata dalle altre e non meno importante delle altre che compongono il mio Io.

Forse questo è il tempo per fare questo, per essere questo, tempo che mi permetterà poi di fare altro e di essere Altro.

Chissà cosa vorrà dire Essere Cecilia domani.

CHISSÀ, dopo che ho indossato dei pantaloni a pinocchietto per fare un’escursione, non mi pongo più limiti.

Barbie camminata nei boschi

*film con K.Hepburn e Spencer Tracey del 1942