Consegne moleste

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Quando dieci anni fa passavo le serate sgranocchiando biscotti,  avendo cura di scegliere quelli con più gocce di cioccolato da un barattolo formato famiglia, e costringevo la mia migliore amica a guardare a ripetizione Quel Mostro di Suocera con Jane Fonda e Jennifer Lopez probabilmente nè io e nè lei ci saremmo mai immaginate che una delle mie mille ossessioni cinematografiche sarebbe diventata realtà.  Non ho di certo il fondoschiena da un milione di dollari di Jennifer Lopez, ma io e il suo personaggio  condividiamo la stessa passione per il precariato, l’attitudine a scegliere i “cocchi di mamma” e una suocera molto ingombrante e con una piega perfetta. La mia versione è ovviamente meno patinata di quella americana e decisamente più colorita, ma sfodera con astuzia le sue migliori armi: carta di credito, ammorbidenti profumati e pasta fatta in casa.
Avrei preferito rivivere una delle trame ironiche  di Cukor, almeno mi sarei vestita anni ’40.

Durante le feste natalizie il mio amabile fidanzato mi ha irrimediabilmente contagiato con una delle peggiori influenze degli ultimi 15 anni, una settimana di febbre e tosse che non mi ha lasciato via di scampo;  con le difese immunitarie compromesse anche la mia guardia si è abbassata e la porta della mia casa si è tragicamente aperta ad un via vai di brodi di carne, tortellini fatti in casa,  minestre e qualsiasi pietanza che potesse ristorare il pargolo ammalato e la sua povera  compagna, me tapina!

Dall’influenza nefasta sono passati ben due mesi, ma il via via non si è ancora interrotto, le buste e i contenitori usa e getta hanno superato per quantità e frequenza quelli dei miei acquisti online. Oramai ogni volta che suona il campanello vengo colta da una delusione improvvisa, persino il postino si è arreso alle migliori capacità di consegna altrui. Mai un ritardo, mai una mancata consegna, mai un difetto di fabbrica.
Tutto arriva in modalità “Prime”, ma senza diritto di recesso o rimborso, caldo caldo direttamente dal forno di casa della suocera alla mia tavola e ovviamente  la considerazione per i miei gusti è assolutamente non pervenuta.
Stasera torta di mele e piccione al forno. Per me allettanti come l’olio di fegato di merluzzo. Almeno con Amazon se un prodotto non mi piace posso rimandarlo indietro una volta per tutte, per il povero piccione è troppo tardi!

 

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Nate per essere principesse. Finite a fare le ombrelline

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Qualche giorno fa ho letto e condiviso un interessante articolo di Selvaggia Lucarelli sulle “ombrelline”, le donne reggi-ombrello della Formula 1, sogno erotico di molti uomini per decenni e personificazione del servilismo femminile.

http://www.rollingstone.it/sport/news-sport/quanto-ho-odiato-le-ombrelline/2018-02-01/

“Belle belle in modo assurdo” – le definirebbe Derek Zoolander – completamente mute e in piedi per ore a reggere un ombrello con 40 gradi all’ombra o diluvi universali in atto. Figure che presto rimarranno impresse solo nell’immaginario maschile. Il nuovo cambio di proprietà della Formula 1 ha infatti decretato la loro fine, la loro presenza è stata definita in contrasto con i valori e i costumi della società moderna. Alla buon ora!

Non ho mai fatto mistero delle mie opinioni sul ruolo della donna nella società e il mio disappunto sul fatto che nonostante decenni di lotte e proteste, il mondo in cui viviamo non è ancora un paese per donne. Il 6 febbraio del 1918 le suffragette inglesi ottennero il diritto di voto per le donne nel Regno Unito, 100 anni dopo questa grande vittoria l’uguaglianza sostanziale tra i generi continua ad essere un miraggio persino nei paesi occidentali dove la discriminazione è ancora una realtà tangibile e quotidiana per molte donne.

Senza entrare nel mare magnum della condizione femminile, da cui non uscirei più e in cui è facile cadere in facili banalità, quello che più mi stupisce è il contrasto con cui le bambine, le future donne vengono cresciute, i messaggi subliminali che vengono inculcati già alle neonate da padri, nonni e dalla società in generale. Nessuno dei quali annovera ombrelli da tenere in mano o altri simboli che reiterano l’immagine di una donna-oggetto.

Veniamo cresciute convinte di essere principesse, future regine, belle e sempre in attesa di un cavallo bianco all’orizzonte, servite e riverite, circondate da elogi e inchini, i nostri sogni parlano di castelli e vestiti sfarzosi, le nostre favole ci prospettano una vita piena e soddisfacente, una realtà fatta di feste, balli e dove il Principe Azzurro accorre al nostro minimo cenno nel rispetto del “vissero sempre felici e contenti”. In realta citando la mia amica ingegnere meccanico siamo molto piu brave e veloci se lo “guidiamo” noi il cavallo.

Neo-mamma di una bambina da un mese sono stata immediatamente sommersa da qualsiasi ammenicolo utile o meno per neonati, incluso un numero indecifrabile di ciucci neanche dovessi far addormentare un intero asilo. Allo stupore iniziale per la varietà di ciucci in circolazione si è aggiunta quello dovuto alla constatazione che in quelli per bambina si alternano corone, carrozze e altri simboli regali. Non che mi aspettassi di vedere uno scalpello, ma un minimo più di originalità e creatività, in alternativa alla mera favola di Cenerentola si!

Cosa accade quindi a noi piccole principesse cresciute a ciucci incoronati e inchini? Quando e come esattamente perdiamo dalle mani lo scettro del potere condiviso con il re per reggere da sole l’ombrello, per giunta con il sole?