L’abitudine è forse il peggiore dei miei vizi da quando 6 anni orsono ho smesso di fumare. Difficilmente riesco, infatti, a staccarmi dalle mie abitudini, oramai decennali!
Lo stesso taglio di capelli dal 1999, il barattolo di Nutella che attende nello scaffale il raid notturno, la serata pizza il venerdì sera, la polvere la mattina che mi da il buongiorno, Zara aperta in pausa pranzo, il mio cane Stella sempre pronto a mordermi.
Sono tantissime le cose, i gesti, le persone a cui sono abituata e che puntualmente do per scontate, sicura di trovarle sempre a rispettare la loro promessa di “esserci sempre e comunque”. Polvere compresa.
Subdola come tutti i vizi anche l’abitudine nuoce. La Nutella può finire, il venerdì sera la pizza fuori è diventata un nostalgico ricordo e le serie tv notturne hanno lasciato il passo alle ninna nanne che comunque sono accuratamente scelte dal miglior repertorio rock anni 80. Persino la povere con il mio nuovo aspiratore cordless si è estinta.
Golosa dentro, abitudinaria fino al midollo davanti al buffet degli aperitivi, abbasso sempre la guardia e mi getto sui piattini di plastica come un branco di squali sul pescato per paura che mi soffino da sotto il naso l’ultima pizzetta – homo pizzettae lupus – ma giovedì scorso tornando al tavolo con la torre di Pisa al posto del piatto ho scoperto quanto può essere nociva l’abitudine. Nonostante la miopia vedo stampato sul mio amato, seduto pigramente al tavolino, un sorriso languido e imbarazzato tipico degli uomini che si scoprono improvvisamente piacenti solo perché una donna li ha salutati.
La prima abitudine da dismettere? Il piattino riempito per gli uomini che si vergognano a fare la fila al buffet e a mangiare in pubblico neanche fossero Dame dell’800.
Ma una volta non erano loro a procacciare il cibo per le compagne?