Sono cascata dalle scale come una pera cotta, sono inciampata e ruotando di 180 gradi su me stessa ho fatto tutte le scale in discesa sulle ginocchia.
Mi sono ritrovata a terra con la testa rivolta verso l’alto e la vicina di casa scioccata che stava per chiamare l’ambulanza.
Dopo un minuto di dolore lancinante ho capito chi fossi e a che latitudine mi trovassi. Claudicante e incosciente mi sono alzata e me ne sono tornata mesta a casa, sempre sotto lo sguardo scioccato e spaventato della vicina.
Nelle ore successive ho zoppicato, mugolato e sono diventata una cosa sola con il ghiaccio spray fino a che non l’ho finito.
La cosa buffa è che non ricordo assolutamente il mentre, il volo, chiamiamola caduta, discesa vorticosa, ma solo l’atterraggio.
Ho capito la dinamica solamente analizzando i miei punti doloranti, le ginocchia già martoriate da anni di bicicletta senza rotine e da tacchi troppo alti.
Ci potrebbe essere un recondito significato filosofico in tutto questo, un insegnamento, un’illuminazione che la mia vita sta precipitando o che non è il viaggio ciò che davvero conta nella vita, ma la meta. Nel mio caso finire “grinza” su un pavimento ghiacciato.
Potrebbe essere un monito per ricordarmi che dopo ogni caduta bisogna sempre rialzarsi, guarire dalle ferite e ricominciare a camminare…
Ma da cinica, scettica quale sono ho tratto solo una conclusione da questa determinante esperienza: la mia mancanza di equilibrio, di tono muscolare oltre alla mia natura intrinseca di patata lessa e l’assoluta necessità di fare un qualche sport prima di ridurmi a pezzi.
Visto quest’ultima affermazione probabilmente ..ho battuto anche la testa!!!!