Ars oratoria in famiglia

ars oratoriaSe le discussioni con i nostri fidanzati/compagni/mariti/amanti sono spesso vinte in partenza per la netta supremazia di argomenti a nostro favore e per la dialettica degna di Protagora, affinata in anni di esercitazioni pratiche e in letture di Jane Austen, le discussioni con le loro madri non sono altrettanto semplici da intavolare e da  vincere.

Il loro asso nella manica? Anni di esperienza in più e strumenti persuasivi degni di un’ analista della Cia. Dal pianto a comando, alla minaccia di non cucinare più, dal ricatto morale del parto doloroso, alla coccola tenera sulla nuca, noi povere nuore o aspiranti tali non abbiamo vita facile nelle discussioni a tre – suocera vs nuora vs pargolo –  che si trasformano inevitabilmente in discussioni a due – suocera vs nuora.
Un braccio di ferro senza esclusione di colpi  da cui gli uomini intelligentemente si defilano presto.

Dal luogo dove comprare casa, al nome da dare ai futuri nipoti, dalla marca di ammorbidente più adatta per la pelle delicata del figlio allergico, all’uso corretto del ferro da stiro e ai consigli per una cucina sana, tutto scatena l’intromissione non richiesta e l’inevitabile consiglio. Le statistiche, scientificamente rilevate nelle serate tra nuore, affermano che le discussioni sono direttamente proporzionali alla vicinanza alla casa della suocera e  alla sua capacità di sapere usare whats app. Con lei, la suocera, non serve a niente tirare fuori la carta della memoria femminile, carta sempre vincente nelle discussioni donne vs uomini,  perché anche lei ne è dotata, nulla può la confutazione di ogni affermazione pronunciata, sofismi raffinati e botta e risposta sul filo del rasoio, il diverbio iniziale si trasforma spesso in un duello alla Sergio Leone combattuto con doppi sensi e minacce velate, alterco abilmente celato da sorrisi lunghi e forzati alla Freddy Krueger che ad uno sguardo non allenato apparirebbe come un’ amabile conversazione tra due donne.

Incapaci di prevalere l’una sull’altra alla fine esauste le due rivali abbassano le armi  e rivolgono lo sguardo a lui: al figlio o al compagno, al sangue del proprio sangue o al cointestatario del mutuo che dovrà ora scegliere da che parte schierarsi e se vuole dormire nel divano per una settimana o non assaggiare più i ravioli fatti in casa per tutta la vita. A lui l’ardua scelta!

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Ciabatta in movimento

L’altra sera durante un concerto in una location post-industriale – i dintorni di un inceneritore cittadino – una band della mia generazione, quella figlia di Bim Bum Bam e delle pastine glutenfull a merenda, cantava abbiamo 30 anni e siamo giovani!!!

Due giorni dopo il mio 30esimo e X compleanno ero quasi tentata di ribattere, alzando la mano destra come a scuola, che i veri giovani  erano quelli che li stavano ascoltando, tutti under 25 vestiti come noi 25 anni fa ai tempi di Beverly Hills 90210 e che battevano le mani a tempo. Le stesse mani giovani che probabilmente mi stanno rubando il lavoro mentre scrivo questo post.
Scrivere… altra azione anacronistica.

Per quanto ci provi ad accettare questa età di passaggio, il risultato è che mi sento un ibrido in confusione, in tensione perenne tra due mondi che non mi appartengono. Attaccata ai miei feticci da 30enne come il tacco beige e la tessera dell Esselunga con i 4000 punti per comprare il ferro da stiro, adagiata sulle comodità da adulta e sui braccioli del mio divano grigio, ma con le gambe rialzate per migliorare la circolazione, che sobbalzano in piedi al minimo sentore di musica dance. Le stesse gambe che mi hanno trascinato a questo concerto young insieme ai veri young fino a tarda notte e le stesse gambe che poi gonfie  faticavano a muoversi dopo aver osato camminare in strade non sterrate con i tacchi camoscio 10 cm e che, a vederle ora inciabattate di rosa sembrerebbero aver dimenticato l’ adrenalina di essere fermate anche per un controllo di sicurezza all’ingresso. Hanno guardato la mia shopper beige e mi hanno fatto passare. Probabilmente gli integratori vitaminici non erano il loro obiettivo.

Mi sento come un ibrido della Toyota. Una macchina a benzina che si alimenta anche a energia elettrica e che cerca un attacco per ricaricarsi e ripartire, ma nella ricerca finisce per rimanere a secco.
Mi sento un po’ ciabatta, un Po’ stiletto.