Sotto la cenere

Sono l’unica addetta alla comunicazione che si fa dare imbeccate dal proprio capo, informatico di nascita, comunicatore per vocazione.

“Ministeriale” è un modo gentile con cui appella i miei comunicati stampa e le newsletter, colpevoli di essere freddi come il ghiaccio, poco coinvolgenti.

Ho trascorso una vita a frenare il mio carattere esuberante, a limitare la frenesia del mio cervello e delle mie parole, a 14 anni ho scelto il Liceo Classico per cercare di dare una forma quadrata ai miei pensieri convessi, per cercare di incasellare la mia mente in schemi più tradizionali e per imparare a vivere dentro le righe senza invadere il foglio con la mia penna rosa.

Non sono stata un’alunna molto diligente in questo, compiti in classe indecifrabili e colorati, assenze non sempre giustificate, impegno minimo indispensabile e la convinzione presuntuosa che la punteggiatura come l’altrui comprensione fossero degli optional.

Non è stato il Liceo a chiudermi in una casella, nè l’Università, nè le mille esperienze lavorative e le relative delusioni, è stata la lettura e la scrittura a smussare i miei angoli e a nascondere il mio ego, l’estro dentro le virgole.
Sotto la cenere il fuoco brucia sempre, quando scrivo a mano le righe non esistono più, le parole si susseguono in diagonale e le sillabe assomigliano a geroglifici che comprendo solo io, ho bisogno che gli appunti abbiano la stessa forma caotica che è nella mia mente, prima di diventare lineari e condivisibili.

Dallo scrivere una versione in rosa a essere definita Ministeriale, il salto è stato lungo e non senza fatica: ho studiato, imparato e ascoltato le critiche, ho capito che la genialità non è trasgredire le regole, ma dare forma alle proprie idee e renderle comprensibili.

La scrittura ha seguito e riflesso ogni cambiamento della mia vita, ogni delusione e ogni vittoria, è cresciuta con me e mi ricorda chi sono e da dove vengo.

Il giornalismo mi ha insegnato la semplicità e l’essenzialità, le pubbliche relazioni e la comunicazione mi hanno insegnato a non scrivere mai in negativo, a trasformare ogni negazione in un’affermazione, a creare una possibilità anche quando l’unica opzione è un mero NON.

La scrittura negli anni mi ha insegnato come esprimere me stessa, come affrontare le mie più profonde paure, mi ha insegnato a costruire e a immaginare un futuro. In questo momento di chiusura, di immobilismo, scrivo principalmente per lavoro, meno per piacere. Faccio la ministeriale, racconto di altro e di altri.
Il mio narrare è in pausa di riflessione, in pausa da Covid come le nostre vite, scoppietta sotto la cenere, come la voglia di sgranchire le gambe e di abbracciare il mondo.

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Il terrore negli occhi

Ho visto il terrore negli occhi nell’uomo che non si spaventa mai, nell’uomo che fa del suo Aplomb grigio una missione.

Ho visto il viso solitamente impassibile prendere forma in un’espressione di terrore e sgomento.

Ho visto un uomo googlare freneticamente le parole rughe, cuscino, dormire di fianco dopo la mia lettura del seguente articolo.

Google non ha sortito l’effetto rassicurante sperato, non c’è prova evidente che dormire nel fianco possa neutralizzare anni e anni di creme antirughe maschili. Nonostante l’articolo l’uomo in grigio dorme ancora in parte, ma stando molto attento a voltarsi ogni tot ore per evitare l’effetto rughe solo in un lato e viso tirato dall’altro.
Almeno così le rughe si diffondono in modo equo.