Quando ti rendi conto dalle elucubrazioni ad alta voce del tuo compagno “sul tempo che ammazza l’Io e sull’Io che ammazza il tempo” che si, sta leggendo Bauman e che Bauman ha decisamente preso possesso della sua mente, inizia quella sviolinata senza fine, quell’apologia incensatoria nei confronti del mio mito, quello sociologico almeno.
Un po’ come quando parlo della moda anni ’30 o dei Guns ‘n Roses tendo sempre a diventare Groopie Inside delle mie ossessioni.
Dopo averlo letto, studiato e sottolineato in tutti i treni, biblioteche, sale d’aspetto, insomma in qualsiasi luogo dove potevo e dovevo fermarmi, Bauman l’ho incontrato, due volte e, ovviamente nessuna delle due volte sono riuscita a proferire parola.
Già la possibilità che venisse ad Arezzo ad un incontro in Università mi sembrava quasi impossibile, ma la seconda volta che l’ ho incontrato è stato ancora più assurdo.
In sociologia e in psicologia ci sono varie discussioni sugli aeroporti, sui luoghi considerati di passaggio come ad esempio le stazioni, per alcuni dei veri Non Luoghi privi d’identità, per altri invece luoghi ricchi di senso proprio perché al loro interno la rete di relazioni è fitta. Ovviamente per me che osservo le persone come se fossero dentro un acquario, la seconda opzione è quella più attendibile, in quei luoghi c’è una quantità di vita ineguagliabile.

E’ in un ✈ che ho incontrato Bauman la seconda volta, per la precisione al ritiro bagagli dell’aereporto di Bologna, tornando da un viaggio in Portogallo in cui avevo ingerito una quantità assurda di uova. Dolci fatti solo con tuorli e zucchero, omelette, colazioni all’inglese, frittate, potrei continuare, ma il mio stomaco non reggerebbe.
Densa di proteine animali e muta come un pesce difronte a quel genio con la sua valigia in mano, sono riuscita solamente a diventare color pomodoro 🍅 e a proferire un semplice e banale “Hi!”. Lui, come nel primo incontro ad Arezzo, conscio della mia espressione da ebete, mi ha sorriso. Due occasioni sprecate per la donna che non sta mai zitta.
Spero, un giorno, di essere più prolissa con Axl Rose.
Mi sveglio dal mio ricordo con Matteo che mi riporta alla realtà, più o meno.
M: Come chiameresti un figlio maschio?
Io: Bauman, ovvio
M: Perché Zygmunt è troppo strano, vero?
Io: beh tu lo chiameresti Leone in onore di qualche Papa e tutti penserebbero che lo hai fatto per imitare Fedez e la Ferragni, non so quale stranezza sia la migliore.