Piove, governo ladro

La mattina mi sveglio con i piccioni che fanno la lotta, o qualcosa che gli assomiglia molto, nel mio  balcone di camera da letto. La bellezza della natura alle 6 del mattino.

Stamani alle 5 mi ha svegliato la pioggia, certamente molto più educata e rispettosa del mio sonno veglia. Ho sentito tintinnare le gocce leggere e mi sono alzata per controllare se la mia perdita fosse sempre lì, nel mio tetto, sopra la mia testa.

Poi dicono che questo mondo è senza certezze. Io ho tutti i giorni il dolce risveglio dei piccioni, in alternativa la pioggia. Quest’estate è stata la grande assente, desiderata, invocata e nel mio caso anche temuta. November rain dei Guns ‘n Roses è una delle mie canzoni preferite, e forse un po’ me la sono gufata, espressione folcloristica per indicare la mia capacità di auto attirare iella, quando ho comprato una casa al 5° e 6°piano, un tetto insomma.

Dall’ansia delle formiche al piano terra del mio loft grigio all’ansia delle gocce in casa sul tetto panoramico.

Se piove apri l’ombrello 🌂 ☂️ – così scrisse un ragazzo alla mia amica quando in piena adolescenza noir lei le scrisse la famosa frase del film cult il Corvo, non può piovere per sempre.

E come canta anche il mio Axl niente dura per sempre, nemmeno la fredda pioggia di Novembre e nemmeno la mia perdita nel tetto durerebbe, se il condominio si decidesse a ripararla.

Se piove apri l’ombrello, se ti piove in casa ripara la perdita

Non ci vuole Sun Tzu per capire cosa fare….

Esplicativo quanti detti ci sono sul fatto che piove o che deve piovere o che ha piovuto troppo.

Esplicativo del mio status il detto Piove Sempre Sul Bagnato, ma mi piace usare anche la versione anarchica Piove, governo ladro!

Ho scoperto da poco anche l’origine storica di questo detto, il vero significato o uno dei presunti veri significati.

Secondo altri l’espressione “Piove, governo ladro!” nasce nei territori del nord Italia (Regno Lombardo-Veneto, 1815-1848) sotto l’occupazione Austriaca. I contadini, tassati in base al raccolto, sapevano che ad annata piovosa con presunto (dai governanti austriaci) raccolto più abbondante ci sarebbe stato un conseguente aumento delle tasse. Da qui l’uso di imprecare contro il governo quando piove

Cit. Wikipedia

Io so che se piove, la perdita si allarga e la mia quota in millesimi per ripararla aumenta.

La storia dell’Arca di Noè, di cui c’è una carinissima riproduzione Playmobil, ci dovrebbe ricordare che nella barca durante il grande Diluvio non c’è posto per tutti. Menomale io ho già imparato a nuotare..

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Un cactus per anello

Ci sono veramente pochi modi per zittarmi. Di solito capita naturalmente se sono parecchio felice o se, al contrario, sono immersa in pensieri nefasti.

Se in TV c’è “Una Mamma per amica” o se sto mangiando del cioccolato ho la capacità di stare in silenzio per un tempo abbastanza prolungato, ma diciamo che sono pochissime altre le cose che interrompono velocemente il flusso delle mie parole e dei miei pensieri.

Quel simpaticone del mio compagno ne ha trovata una decisamente originale.

Un paio di mesi fa si avvicinava la data del nostro 10esimo anniversario e si era fatta di nuovo forte dentro di me quella atavica speranza che finalmente l’Uomo in grigio potesse regalarmi l’Oggetto. Lo status simbolo per l’eccellenza. L’anello. SPECIFICO il diamante 💎. E con il desiderio era nuovamente comparsa anche la convinzione che anche per quest’anno sarebbe rimasto soltanto un desiderio.

Superfluo sottolineare che non porto alcun tipo di gioiello e di monile, un po’ per pigrizia, un po’ per salvaguardia del gioiello stesso. Ma per un diamante posso fare qualche eccezione e una buona assicurazione.

In 10 anni ci sono stati momenti perfetti per la consegna dell’anello. Come quando siamo rimasti bloccati in autostrada per andare all Ikea e abbiamo fatto il tragitto di ritorno dentro la macchina sul carratrezzi, il top del romanticismo.

O come quando mi ha costretto a salire sulla ruota panoramica del Prater a Vienna e ho pianto dal terrore tutto il tempo. Ad ogni castello, torretta medievale, vetta ho pianto e contemporaneamente mostrato la mano, ma niente, il cuore arido non si è mai sciolto.

Il 29/4 abbiamo festeggiato dopo due anni di stop forzato i nostri 10 anni alla Tana degli Orsi, il ristorante del nostro secondo appuntamento, il luogo deputato al nostro romanticismo. Nella perfetta location e con davanti la mia dolce metà e una bottiglia di vino, arriva la crudele confessione.

Lui, con quegli occhi color bottiglia d’acqua Verna mi rivela che si, effettivamente questa volta ci aveva pensato di comprarmi un anello, ma ci aveva ripensato dopo la mia ennesima scenata sul Risparmio e sul fatto che un anno di ristrutturazione della casa ha prosciugato i nostri conti.

Cosi adesso, a causa della mia tirchieria, invece che un diamante al dito ho un Cactus 🌵 alto 150 cm in salotto.

Un amore di spine. Si vede il cactus?

Non contento, torando al veloce modo di azzittarmi il Genio si è screenshottato – perdonami Umberto Eco – un anello di diamanti di Tiffany con il quale l’altro giorno in uno dei miei sproloqui mi ha freezzato – perdonami anche te Ludwig Wittgenstein!

Al prossimo anniversario probabilmente mi regalerà una pianta carnivora….

Come la mamma

Quando cresci ti rendi banalmente conto che la mamma è un entita’ mitologica, unica. Puoi avere 20, 30 o 40 anni, ma ne hai sempre bisogno. Inoltre è l’unica che continua a regalarti Uova di Pasqua Kinder e a preoccuparsi che tu abbia abbastanza mutande e calzini.

Per Pasqua ho aperto il mio uovo e costruito contenta la mia sorpresa, oltre aver ricevuto 10 paia di slip nuovi. Che cosa vuoi di più dalla vita?

Anche se sono mamma della teppista per me oggi è la festa della mia di Mamma, quel concentrato di donna 🚺 di 1,50 m con un accento incomprensibile e dall’animo fastidiosamente ottimista. Non le assomiglio così tanto – per fortuna – ho ereditato da lei le gambe e la strana forma dell’anca che abbiamo tutte in famiglia, Emma compresa. Un leggero strabismo di Venere e l’assenza totale di agilità. Per il resto mi ha trasmesso quella tirchieria Freiburger che difronte alle piccole somme simula la morte e che non batte ciglio quando invece deve comprare casa. Non parliamo della capacità innata di bruciare qualsiasi pietanza, anche se sta bollendo in un litro d’acqua.

Matteo aggiungerebbe che ho ereditato anche la freddezza e la tendenza a non ascoltare nessuno, ma perché mettere il dito nella piana.

Ho sempre pensato di assomigliare a mio padre: stessi interessi, stessi ideali e stessa vivacità mentale, ma più invecchio e più assomiglio alla donna bassa. Più lei invecchia e più assomiglia a suo padre, come se i geni lombardo tedeschi iniziassero a prevalere da una certa età, anche se non credo che riuscirò mai a mettere i calzini con le infradito e i Bermuda. Più cresco o meglio invecchio, più mi rivedo in quella donna che fin da piccola mi ha cresciuto come una sua pari, sbagliando ovviamente, ma insegnandomi così a fare le mie scelte. Oltre all’anca mi ha trasmesso la convinzione che il mondo fosse pieno di possibilità e un’idea quasi ingenua di libertà. Ringrazio quotidianamente di non aver preso da lei il gusto per arredamento e per i vestiti, ma se oggi ho imparato a scegliere e a non accontentarmi è solo merito suo, se oggi so quanto vale l’indipendenza a fronte anche di scelte non comode il merito e’ suo. E forse è anche grazie ai suoi innumerevoli difetti che guardo ai miei con più indulgenza e spero che Emma un giorno faccia lo stesso.

Articoli su Nana’

Cotoletta Vs hamburger

Simpatica come una milanese

Nana’ 1952

Con ansia, aprile

Superati i 30 anni aspetto con ansia oramai poche cose. L’arrivo del venerdì sera per piombare in un sonno profondo sotto il mio copripiumone nuovo, la colazione silenziosa e lunga del sabato mattina, la spesa settimanale di Matteo che ha poi il dolce onere di trasformare tutte quelle verdure in qualcosa di commestibile. Quando arriva aprile per noi arriva sempre il momento della svolta vegana stagionale, un’illuminazione dopo la prima prova costume.

Aspetto con ansia l’arrivo della primavera, per la precisione di aprile perché ricorre l’anniversario mio e di Matteo, di quel primo appuntamento a Cortona nel quale, dopo una scarpinata con tacco 12, con molta classe ho tirato fuori dalla mia borsa le ballerine e sono scesa letteralmente dal piedistallo.

Aspetto con ansia l’invito a matrimoni e battesimi primaverili, solo per avere la scusa di tirare fuori dalle scatole le mie migliori scarpe e le borsette da cerimonia. Una grossa commozione vedere come riesco a infilare tutte le mie cianfrusaglie, agenda compresa, dentro una pochette.

Aspetto con ansia aprile perché esce il catalogo premi dell’Esselunga.

Aspettavo con ansia il nostro 10° anniversario per regalare a Matteo, utilizzando i punti Esselunga, il frullatore ad immersione cordless. Nel caso dovesse frullare anche sul tetto. Mi sa che qualcuno aspettava con ansia la stessa cosa perché con mio grande rammarico era ovviamente terminato.

A forza di aspettare, adesso devo ripiegare sulle solite creme antirughe da uomo.

Buon anniversario a Noi

L’uomo che sussurrava al Topo

Chi non ha mai visto il film tratto dall’omonimo libro “L’uomo che sussurrava ai cavalli”, no dico chi? Uscito nel 1998, diretto e interpretato da Robert Redford con una giovane Scarlett Johansson e Kristin Scott Thomas ha strappato miliardi di lacrime durante la visione e di battute, dopo.

Da poco tempo in casa mia si sta girando il sequel di questo famosissimo film 🎥, o almeno, per non mancare di rispetto a Robert Redford di cui sono perennemente innamorata, il suo rifacimento in chiave ironica. Dopo l’uomo che sussurrava ai cavalli, presto nei migliori cinema di serie B uscirà “l’uomo che sussurrava ai topi”.

Tutti gli appartenenti al genere maschile ad un certo punto affrontano quel difficile periodo della vita che prende nome di Mezza età, chi prima, chi dopo, si trova a fare i conti con la gioventu’ che svanisce e con le creme antirughe che funzionano sempre meno.

C’è chi si perde in una selva oscura come il nostro Dante, chi si compra e trova il coraggio di indossare pantaloni di pelle attillati, c’è chi cambia macchina e moglie per poi rendersi conto come lo statuario Jason Momoa che forse lasciare la strada vecchia, anche se davvero più vecchia, per quella nuova non era affatto una buona idea e chi come il mio Matteo, superati da poco i 40 anni, acquista la consapevolezza di avere semplicemente bisogno di una nuova compagna di vita, silenziosa e tascabile, a differenza della prima.

Così da circa due settimane abbiamo accolto nella nostra casa perennemente in ristrutturazione un nuovo membro, apparentemente acquistato per la gioia della figlia, ma palesemente di grande conforto al padre: un orsetto siberiano che abbiamo chiamato Alabama, per gli amici Lilli.
Con la mia solita diplomazia, menomale che ho studiato Scienze Politiche, non ho minimamente nascosto la mia perplessità sulla new entry: praticamente vivo con un un topo!

Un topo che passa il giorno a dormire e la notte a girare sulla ruota, per nulla silenziosa, un topo che ovviamente adesso mangia solo cibo biologico e che secondo il suo padrone ha bisogno di una ruota più grande per esprimersi al meglio, un topo che per fortuna ha il buongusto di espletare le sue funzioni dentro la gabbia permettendomi ogni 3 giorni di pulirlo come se non ci fosse un domani.

Solo io e Emma Sveva in questa convivenza imposta abbiamo mantenuto una coscienza critica; carino, simpatico, ma pur sempre un Topo. Ho capito che eravamo le uniche rimaste ancora lucide la prima mattina che lo ha lasciato per andare al lavoro: io con una tazza di ☕ bollente maledivo i lunedì, Emma ancora dormiva e Lui, prima di chiudere dietro di sè il portone, ha sussurrato un dolce “A stasera”. Al topo!

Si vede il Topo?

Voglio vivere all’ Ikea

Qualche giorno fa sono finalmente arrivati i miei mobili Ikea e come tutti i mobili Ikea sono arrivati ridotti al minimo indispensabile dentro tante piccole scatole. Alla vista del divano chiuso in’ unica scatola, un leggero sussulto di coscienza critica anche dopo anni di acquisti svedesi mi è venuto, ma ora che ho il fondoschiena depositato sopra al mio nuovo divano 2 posti color grigio antracite accanto al mio cuscino color senape, va tutto decisamente meglio!

Il sabato passato all’Ikea a mangiare polpette con salsa ai frutti rossi è stato il mio sabato del relax, passata dalla modalità “mamma modello che porta Emma Sveva alle feste di compleanno e resiste a buttarsi nella Baby Dance” alla modalità “Datemi un metro e un lapis di legno e conquisterà il mondo.”

Divano morbido, poggiapiedi, angolo lettura, area verde attrezzata, pranzo pronto e un po’ di sano shopping. Si può vivere all’Ikea?

Quando ti stufi di un divano ti butti sui braccioli di un altro, quando non vuoi rifare il letto ti infili sotto le coperte di quello accanto appena rifatto e dopo aver letto tutti i libri delle librerie un pisolino sulla poltrona/letto non te lo toglie nessuno. La monogamia anche in arredamento è davvero troppo sopravvalutata.

Ci deve essere qualcosa di estremamente manipolatorio nei negozi Ikea, un costante messaggio subliminale che ti chiama a se’ e che ti dice:

Vieni qui, rilassati, prova i divani, riponi i tuoi cappotti in questi armadi, compra tutte le scarpiere di cui hai bisogno, le tue scarpe con noi staranno benissimo, disegnati pure la tua casa ideale e noi te la forniremo in tante piccole scatoline. Comprati solo un cacciavite e sarà tutto Tuo!

Non uscirò mai da questo LOOP e me ne rendo conto. La mia vita praticamente è scandita tra il pre, il durante e il post acquisto Ikeoso.
Mi fa tristezza solo pensarlo, figuriamoci scriverlo.

Ma NOI maniaci dell’arredamento, maniaci del risparmio e forse solo “maniaci” impieghiamo giorni di preparazione a riempire il carrello virtuale, le liste dei desideri, scarichiamo l’app con le disponibilità in tempo reale e poi Tac inizia il giro in negozio.

Mi aggiro nei reparti casa con la stessa sicurezza e convinzione con cui un tempo percorrevo in discoteca il tragitto dall’ingresso al tavolo riservato, in mano non più cocktail e borsetta, ma la Lista, non si sa mai che l’app smetta di funzionare esattamente nel momento sbagliato. All’ingresso mi accolgono tanti piccoli armadietti grigi, dove accuratamente ripongo gli oggetti sensibili da non perdere nel delirio degli acquisti, armadietti che non mi fanno rimpiangere affatto il reparto guardaroba delle Disco, dove ragazze snob arraffavavano sbuffando cappotti con golf e sciarpe infilati nelle maniche pur di non pagare 3 euro al pezzo. 13 anni di discoteca ti preparano alla Vita: la fila alle Poste o 12 ore all’Ikea non ti sembra più la cosa peggiore del Mondo.

Mentre faccio un Pit Stop per ricaricare energie e mangio polpette e soprattutto vedo Matteo che fa lo stesso, mi sembro quasi una di quelle donne casalinghe americane che raccolgono coupon per mesi e che il giorno della spesa si giocano il tutto per tutto, sentendosi minare nell’orgoglio se non riescono bell’obiettivo che si erano prefissate. Il mio obiettivo dopo 8 ore interminabili si è degnamente concluso, rimanendo nel Budget fissato, e con buona incetta di lapis che come le formiche mi invaderanno casa per anni, conscia che nemmeno scrivono bene, ma che con il metro di carta fanno parte della giornata Relax come il puzzo d’uovo quando vai alle terme.

Si vede il divano???????

Io & Bauman

Quando ti rendi conto dalle elucubrazioni ad alta voce del tuo compagno “sul tempo che ammazza l’Io e sull’Io che ammazza il tempo” che si, sta leggendo Bauman e che Bauman ha decisamente preso possesso della sua mente, inizia quella sviolinata senza fine, quell’apologia incensatoria nei confronti del mio mito, quello sociologico almeno.

Un po’ come quando parlo della moda anni ’30 o dei Guns ‘n Roses tendo sempre a diventare Groopie Inside delle mie ossessioni.

Dopo averlo letto, studiato e sottolineato in tutti i treni, biblioteche, sale d’aspetto, insomma in qualsiasi luogo dove potevo e dovevo fermarmi, Bauman l’ho incontrato, due volte e, ovviamente nessuna delle due volte sono riuscita a proferire parola.

Già la possibilità che venisse ad Arezzo ad un incontro in Università mi sembrava quasi impossibile, ma la seconda volta che l’ ho incontrato è stato ancora più assurdo.

In sociologia e in psicologia ci sono varie discussioni sugli aeroporti, sui luoghi considerati di passaggio come ad esempio le stazioni, per alcuni dei veri Non Luoghi privi d’identità, per altri invece luoghi ricchi di senso proprio perché al loro interno la rete di relazioni è fitta. Ovviamente per me che osservo le persone come se fossero dentro un acquario, la seconda opzione è quella più attendibile, in quei luoghi c’è una quantità di vita ineguagliabile.

Portogallo 2014

E’ in un ✈ che ho incontrato Bauman la seconda volta, per la precisione al ritiro bagagli dell’aereporto di Bologna, tornando da un viaggio in Portogallo in cui avevo ingerito una quantità assurda di uova. Dolci fatti solo con tuorli e zucchero, omelette, colazioni all’inglese, frittate, potrei continuare, ma il mio stomaco non reggerebbe.

Densa di proteine animali e muta come un pesce difronte a quel genio con la sua valigia in mano, sono riuscita solamente a diventare color pomodoro 🍅 e a proferire un semplice e banale “Hi!”. Lui, come nel primo incontro ad Arezzo, conscio della mia espressione da ebete, mi ha sorriso. Due occasioni sprecate per la donna che non sta mai zitta.

Spero, un giorno, di essere più prolissa con Axl Rose.

Mi sveglio dal mio ricordo con Matteo che mi riporta alla realtà, più o meno.

M: Come chiameresti un figlio maschio?

Io: Bauman, ovvio

M: Perché Zygmunt è troppo strano, vero?

Io: beh tu lo chiameresti Leone in onore di qualche Papa e tutti penserebbero che lo hai fatto per imitare Fedez e la Ferragni, non so quale stranezza sia la migliore.

Stella, un nome, una leggenda

Stella la sanguinaria, Stellaccia, Stella la mordace, Stellina.

Tanti nomi per lo stesso cane, ricciolo, a volte stopposo, color castagna sbiadita, con la pancetta prominente e il morso facile. Una meticcia dalle origini ignote e dall’indole di una regina, furiosa e con un forte senso del possesso, capitata per questo nella famiglia giusta. Ci contendevamo divano e cioccolatini, russavamo all’unisono, camminavamo insieme e insieme ci stancavamo presto di camminare.

Solo un cane, non un fratello, non una sorella, non un figlio, nessun legame di sangue tra noi che avevamo la stessa chioma autunnale, ma un affetto sincero e burrascoso, passionale e profondo. Dodici anni insieme sono tanti e due anni senza di te sembrano un secolo a volte, pochi giorni altre.

Per Emma Sveva oramai sei diventata una stella nel cielo che dall’alto ci osserva; a me il pensiero che tu mi stia sopra la testa invece mette un po’ansia, io ti immagino in giardino a fare la guardia al tuo territorio e pronta per la prossima buca. Terrena e attaccata a noi, il tuo branco.

Il quartiere in questi due anni ne ha guadagnato in tranquillità e silenzio, il tuo abbaiare era inconfondibile e una certezza in questo mondo così precario. Il silenzio in casa adesso è assordante e preferirei ancora brontolarti per le tue abbaiate notturne.

L’ unico cane che ha confutato il proverbio “can che abbaia non morde”, sei rimasta impressa nella mente di chi ti ha conosciuto e forse anche in qualche braccio, forse non solo un cane, ma un’anima gemella che ha amato ed è stata amata.

Due anni senza 🌟, senza nessuno che mi aspira le briciole da terra, senza nessuno che mi batte in pigrizia e in gola, senza il rumore incessante del tuo bau bau e delle tue corse forsennate per accogliere vicini, ladri, amici e nemici.

Quando Emma mi chiede di regalarle una Stella Bis, io rispondo che passo, non si può duplicare il cane che sembrava quasi più un leopardo che un animale da compagnia. Una leggenda e come tale ineguagliabile

Piccola galleria di me & Stella

Ho venduto la mia anima

Sapevo che la tentazione sarebbe stata troppo forte. Averla in casa, vederla tutti i giorni e fare finta di niente era una sfida troppo grande.

Sapevo che una volta provata probabilmente non sarei più riuscita a fare a meno della sua sensazione di affettuoso calore, fondamentale per affrontare il freddo inverno.

Una dolce melodia che accompagna le serate, un richiamo troppo allettante, il canto soave delle sirene impossibile da ignorare.

In una fredda giornata di pioggia ho ceduto alle mie ritrosie, sentivo la voce lontana di mia mamma che mi intimava di non compiere tale gesto, lei tradizionalista fino alla fine, ma la curiosità e il freddo hanno avuto la meglio sul mio dito.

Alea iacta est.

Non era più possibile tornare indietro.

Il ciclo di 3 ore di asciugatura profonda era oramai partito, avevo intenzionalmente acceso l’asciugatrice e ipnotizzata vedevo girare soffici i vestiti nell’oblo’.

Ancora poco convinta sento la canzoncina dolcissima del fine ciclo, non il suono meccanico e fastidioso della lavastoviglie che ti trapana il cervello fino a che non la spegni, ma una simpatica musichetta che mette allegria.

Non l’ho detto subito alla mamma, lei mi avrebbe detto di aspettare una bella giornata di sole per stendere all’aria, io dal 5° piano quel giorno vedevo solo grigio e si, ho venduto la mia anima per un’asciugatura automatica.

Quando mi stavo già dimenticando la colpa commessa e intravedevo qualche raggio di sole 🌞 così da far contenta la mamma, Facebook mi ha ricordato la macchia indelebile sul mio dito.

Speriamo non lo dicano alla mamma!

Credere nel meraviglioso

Ho la casa invasa dagli unicorni. Sfacciati, vistosi, glitterati e decisamente ingombranti. Mangiano a tavola con noi, dormono nel nostro letto, si depositano su mobili e spuntano da sotto il divano. Varie forme e diverse fatture, ma mai sobri.

Quando Emma Sveva la regina della sobrietà mi ha chiesto per il suo compleanno una festa unicorno con relativa torta in tema ho avuto un leggero tentennamento sulla reale messa in pratica della sua idea malsana, dubbio risolto egregiamente da Pinterest.

Era solo questione di tempo che la figlia si allineasse alla mamma nel progettare feste a tema.

Dalla festa stile crociera anni’50 al mondo fatato degli unicorni il passo è stato breve.

Inoltre dovevo a tutti i costi confutare la maestra che gli aveva rivelato la non esistenza degli unicorni, facendole maledire il mondo a suo dire troppo noioso.

Se posso stipulare un mutuo ventennale e acquistare scarpe per i prossimi 100 anni posso anche credere negli unicorni.

Chi siamo NOI per dire ai bambini in cosa possono credere e in cosa no, per noi è finzione, per loro è semplicemte meraviglioso.

Unicorno dal latino “unicornis” facilmente traducibile in “un solo corno” e’ un animale leggendario presente in moltissime culture e religioni, simbolo di eleganza e purezza, oggetto di una vera e propria ossessione e caccia all’unicorno fino a tutto il Rinascimento

Hanno elefanti selvaggi e unicorni non meno grossi degli elefanti che nel pelame somigliano ai bufali e nelle zampe agli elefanti. L’unicorno ha poi un corno in fronte molto grosso e nero; e vi dirò che egli non si difende con quel corno ma si serve della lingua tutta spinosa e dei ginocchi. La sua testa somiglia a quella del porco selvatico e la porta sempre chinata in basso; ama molto restare tra la melma e il fango; è molto brutto da vedersi e non somiglia affatto all’idea che ne abbiamo noi, né a ciò che diciamo quando lo descriviamo come un animale che si lascia prendere in braccio da una vergine; è proprio l’opposto”. 

Da “Il Milione” di Marco Polo

Marco Polo in uno dei suoi viaggi in Asia vide e descrisse l’unicorno. Creatura decisamente diversa dall’immagine delicata che la cultura dell’epoca ne dava, meno aggraziato, somigliante a un maiale, ma pur sempre un unicorno. Marco Polo si era imbattuto in un rinoceronte e credeva di aver visto il famoso animale mitologico.

Chi siamo noi per dire a Marco Polo che aveva sbagliato animale? E’ un Uni-corno in senso lato pure il rinoceronte. L’altro corno fa solo di contorno al primo.

Piu unicorni per tutti. Nelle torte, a tavola, nei sogni e nella realtà, perché sognare di volare sulle nuvole a cavalcioni di un animale fatato è il più bel regalo di compleanno che Emma Sveva possa mai ricevere.

 

 

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