Sono davvero pochi i discorsi che mi hanno ispirato, quelli che poi mi hanno illuminato si contano sulla punta delle dita, della mano destra.

Probabilmente se non fossi stata così tanto davanti alla televisione da quando avevo l’età per cambiare canale oggi avrei 3 lauree e un fondoschiena sodo.
Aldilà della morale presente in ogni versione di greco che ho tradotto e di qualche riflessione trovata nei miei libri preferiti, le parole con più pathos e in grado di indicarmi la strada sono state pronunciate da attori del piccolo che del grande schermo. Con tutto il rispetto per i miei amici e conoscenti, professori e datori di lavoro.
E’ stata ovviamente Carrie, nella leggendaria puntata della 6° stagione di Sex and The City, a svegliarmi dalla prospettiva tristissima di accontentarmi di un amore comodo alla veneranda età di 25 anni.
Una Carrie boccolosa e con uno dei suoi famosi vestiti di tulle pronunciò al freddo Russo, reo di averla trascinata a Parigi per farle fare il mero accessorio, queste parole:
Forse questo è il momento di chiarire chi sono io. Io sono una donna, che è in cerca dell’amore, del vero amore. Ridicolo, sconveniente… che ti consuma. del genere: non posso vivere senza di te, amore.
L’effetto ispirante ovviamente è azzerato se uno non ha visto tutte le sei stagioni di Sex and the city, in alternativa ha 3 lauree e un fisico da paura, ma immersa nel mio mood da 25enne delusa dall’amore, l’effetto sbloccante era assicurato. Ancora il bonus psicologo non era previsto.
La scenografia, i costumi e Big che attraversa l’oceano per portarle quell’amore unico e sconveniente hanno contribuito a influenzare la mia mente duttile e a farmi credere nell’amore vero. Vero ed estenuante come quello che mi sono trovata a 26 anni e che a forza di 3 mm all’anno cresce come un Bonsai e con le spine come un 🏜 Cactus.
Lo stesso effetto commovente, dal lat. commovēre «mettere in movimento, agitare, commuovere», lo ha ottenuto in un anonimo pomeriggio di allattamento il discorso molto più ironico e profondo della mia nuova eroina. The Marvelous Mrs Maisel.
Un ebrea di New York vestita come una copertina di Vogue anni’60 che cerca di farsi strada come comica in un mondo di uomini maschilisti e che utilizza le sue disavventure amorose e familiari per spunti ironici per i suoi spettacoli. Midge, irriverente e dal linguaggio osceno per il periodo storico, con i suoi tubini e cappellini abbinati urla almondo la sua voglia di successo e la sua indipendenza.
Cinque stagioni che volano in un attimo, leggere e profonde al tempo stesso, vere e fantasiose come il titolo della serie e che si concludono con il monologo in diretta TV della protagonista che stufa di aspettare si prende il suo meritato successo nonostante i tentativi inutili dei suoi capi e colleghi di boicottarla. Miriam Midge alla fine ci riesce, ottiene quello che voleva e lo fa perché non rispetta le regole imposte, perché forza il sistema e perché fondamentalmente crede in sé stessa. Le sono bastati 4 minuti e una telecamera per spazzare via le delusioni, i fallimenti e la fatica dell’ascesa.
C’era un’opportunità, l’ha presa ed è stata ascoltata. Non serve molto altro per onorare il merito, una semplice opportunità, un’opportunità data, non per forza conquistata.
Non faccio spoiler, dovete ascoltarla e dovete vederla, dovete farvi scendere anche a voi una lacrima, sentir crescere in voi il desiderio di rivalsa e il sacro fuoco dell’ambizione.
Ma sarà possibile che la migliore lezione di empowerment me la deve dare la protagonista di una serie TV?
Ho decisamente bisogno di un taccuino e di un cappellino.