L’età dell’innocenza

In questi giorni di clausura forzata ho trovato il tempo per osservare la Mini me in azione. Un terremoto canterino e logorroico, con degli sprazzi di follia.

A te che abbracci gli alberi
A te che abbracci gli alberi

Il sole caldo e primaverile la settimana scorsa ci ha concesso anche piacevoli momenti all’aperto nella nostra piccola resede, tra le piante di rosmarino e i vestiti che si asciugavano al sole.

Tra un pic nic improvvisato con i pupazzi e un ciaf ciaf molto avventato nell’acqua l’ho vista disquisire amabilmente con una formica.

Il suo primo istinto in realtà era stato quello di schiacciarla con un piattino, troppo abituata al fatto che noi adulti trattiamo gli insetti come nemici da eliminare.

Nello spiegargli che gli esseri viventi vanno tutti rispettati, mi sono ricordata di quando da bambina correvo fuori da casa con una sottiletta in mano a pezzettini per poter dare ad ogni formica la sua piccola razione di cibo.

Un enorme nostalgia per la mia età dell’innocenza, per il mio amore incondizionato per la natura e la libertà, per la mia gioia nel vedere le formiche andar via con gli spaghettini e le sottilette.

La sua età dell’innocenza è ora e ora va attizzata, convincendola che le formiche capiscono le sue parole e che sono davvero tanto ghiotte di sottiletta.

Io sono la mamma, lei mi crede ciecamente, sa che le dico sempre la verità, la verità di credere che possiamo conversare con la natura che ci circonda, che possiamo condividere con lei la nostra esistenza senza prevaricare, che l’età dell’innocenza la possiamo prolungare e nel mio caso ritrovare.

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Cercasi Penelope disperatamente

Alla soglia degli otto anni insieme il mio amato fidanzato/compagno, dopo l’ennesima litigata sulle pulizie casalinghe, mi ha confessato che le qualità davvero importanti in una donna le ha comprese solo con il tempo e la convivenza. Me l’ha detto un giorno davanti alla lavatrice che girava e per sua fortuna mentre avevo in braccio nostra figlia.
In cucina a mani libere gli avrei lanciato qualcosa di appuntito.

Otto anni fa si è innamorato erroneamente di una donna creativa, sarcastica e totalmente incapace di svolgere attività sportive e domestiche. Si è innamorato di una donna che con lui condivideva non solo il percorso scolastico da Alfierina, ma anche la passione per la storia, i viaggi, il cinema e una visione molto simile del mondo e della vita. Otto anni dopo mi chiede di passare meglio l’aspirapolvere e di imparare le tecniche di stiraggio, l’arte del lavare i piatti e il know how di tutti i piani di lavaggio di una lavatrice. Non mi basterebbero 20 anni per colmare queste lacune.

Poca roba le nostre affinità in confronto al saper maneggiare il ferro da stiro, utensile che mi rifiuto di utilizzare da tempo immemore e che ammetto fieramente di odiare. Superflua la condivisione di una vita fatta di battute caustiche e politicamente scorrette, di una figlia Furiosa e di un’idolatria verso la nostra isola di granito grgio, se non lavo i piatti come sua madre non sono la donna perfetta.

Io devo dire sono stata molto più lungimirante nelle mie scelte e mi guardo bene dall’ammetterglielo.

Ho scelto un uomo che cucina meglio di un ristorante e che spesso lava pure i piatti. Ho scelto un uomo che spolvera minuziosamente e da il cencio per terra come se non ci fosse un domani. Ho scelto un uomo che mi sa elencare le percentuali dei diversi tessuti in ogni abito e il tipo di lavaggio indicato. Ho scelto un uomo, magia delle magie, che sa leggere e capire i simboli sulle etichette dei vestiti.

Nei primi 3 anni insieme pre-convivenza ho osservato e apprezzato le sue doti intellettuali quanto quelle culinarie, le amabili conversazioni a tavola su argomenti disparati e la sua capacità di pulire tutto dopo aver bevuto e mangiato, il suo amore per il divano e il fatto che non russasse.
Per la regola che non si compra mai qualcosa a scatola chiusa.

Io ho trovato davvero Ulisse, l’uomo multiforme, lui si aspettava una Penelope adorante che tesseva chiusa in casa in sua assenza, di Penelope forse ho solo la lungimiranza e lo sguardo fisso sul mare greco.

Tanto tempo, niente da dire

Io scrivo se sto bene, o scrivo se sto parecchio male. Oggi Io sinceramente non so ancora come sto.

Non ho una chiara sensazione di cosa sento e di cosa potrei esprimere.

Per questo da un po’non scrivo. Non comunico. I social aiutano a tenere in contatto, ma è una mera illusione di contatto.

A tratti pronuncio frasi e tento di spiegare sensazioni contrastanti, ma non sono capace di descrivere questo strano limbo in cui viviamo.

Finalmente ho tempo per scrivere e per la prima volta niente da dire.

Troppe paroli veloci sono state dette e scritte su questo particolare momento, forse questo non è il tempo per scrivere, per progettare costruzioni sintattiche e il futuro, è tempo per vivere il presente.

È tempo per leggere. Cose dette da altri, storie non proprie, analisi più grandi, cose vere, scritte sulla carta. Anche di abbracci tra pennuti.