Di macchie e lentiggini

Sono rimaste solo poche lentiggini sul naso e in cima agli zigomi a ricordarmi che il sole ☀ dopo i 30 anni non è sempre solo un nemico, artefice di macchie antiestetiche.

Baffetti da cosacco

Mi sono sempre piaciute le mie lentiggini sparse, disordinate, irriverenti, scordinate che fanno capolino con i primi raggi di sole caldo e che poi tornano in letargo d’inverno.

Le macchie invece quelle antipatiche non ti abbandonano mai, si piazzano lì e nonostante le creme più disparate puoi solo sperare che non aumentino, moltiplicandosi come i funghi.

Stamattina mi sono guardata allo specchio e ho visto un viso stanco, le labbra secche, le occhiaie, i capelli che necessitano delle mani esperte del parrucchiere e quelle macchie sopra il labbro che da lontano sembrano i baffi di un cosacco. Al telefono in un messaggio vocale d’aiuto in risposta ad un altro messaggio d’aiuto – c’era una volta il telefono senza fili – ho ammesso all’orecchio amico che mi sento in pieno Burnout e quando mi sono guardata allo specchio ho pensato che si vedeva tutto.
Forse con uno strato di stucco arancione posso camuffare un po’ le occhiaie, forse il caffè con la cioccolata della macchinetta al lavoro può momentaneamente ridarmi la carica, un po’ di riposo alleggerire le braccia pesanti e qualche integratore rinvigorire le gambe molli, ma la testa che vede solo muraglie cinesi quella non la posso facilmente ingannare.

Di macchie e lentiggini sono piena, ma al momento vedo solo macchie.

Compagni di viaggio

Nel tortuoso e bellissimo viaggio che è la vita abbiamo la fortuna di condividere il cammino con persone che ci rendono i passi più leggeri e significativi, facendo passare in secondo piano quei traguardi che ci prefissiamo e che non sempre raggiungiamo.

Facciamo la strada insieme, guardandoci a vicenda le spalle, scherzando del tempo bello e del tempo brutto, dei sassolini persi lungo il tragitto e delle volte che siamo rovinosamente inciampati. Gli amici, gli amori, la famiglia, coloro che scegliamo di eleggere come compagni di viaggio diventano testimoni  consapevoli del nostro vissuto, facce in cui specchiarci e orecchie a cui non possiamo mentire.

Ci aspettano pazienti ai bivi importanti e ci indicano spesso la strada se ad un certo punto ci perdiamo.

Più strada facciamo insieme e più diventano come bussole insostituibili del nostro viaggio: oramai lontani dalle strade affollate della nostra gioventù, le persone che percorrono con noi la strada nella maturità ce le siamo accuratamente scelte e continuiamo a sceglierle ogni giorno.
Come marito e moglie che dopo tanti anni insieme iniziano ad assomigliarsi, diventa difficile distinguere dopo tanti anni sè stessi dal proprio amico, sè stessi dal proprio compagno.
Il loro braccio così familiare diventa il nostro braccio, i loro occhi diventano i nostri occhi, le mani così abituate a salutarsi e a sorreggersi si confondono l’una nell’altra.

Appoggiamo i piedi sulla stessa unica strada. Una strada condivisa che diventa sempre più lunga e importante ad ogni passo, una strada che più cresciamo percorriamo lentamente, prendendoci delle pause per chiacchierare o per ammirare il paesaggio, girandoci indietro a guardare se i nostri compagni di viaggio sono ancora tutti lì.
La verità del viaggio della vita è che non c’è nessun traguardo da raggiungere, solo compagni con cui festeggiare le tappe intermedie e che se mancano, ti fanno traballare rischiando di cadere.

Senza quella spalla su cui poter contare, senza l’orecchio paziente a cui puoi raccontare, senza quella battuta divertente a sdrammatizzare,  la strada diventa più faticosa e troppo troppo ampia.
Cerchi invano quello zaino familiare a cui aggrapparti per fare più veloce la salita, ma non lo vedi.
Puoi solo aspettare che si sia momentaneamente fermato ad allacciarsi le scarpe, puoi solo sperare di ripartire insieme.