Se Carrie in Sex and the City usava il forno come compendio dell’armadio, io, se avessi spazio, userei l’asse da stiro come scrivania per il PC. Almeno uscirebbe dell’anta dell’armadio dove l’ho segregata da due anni.
In fondo in fondo lo sapevo che non l’avrei mai usata, ma quando mia mamma me l’ha regalata, bella in legno della famosa marca che fa accessori per la casa, mi sono fatta abbindolare, invaghita dalla immagine di me rilassata che stiravo sorridente nella mia nuova casa al 5°piano.

E invece è rimasta lì. Sola. Abbandonata accanto al ferro da stiro cordless e lo stiratore verticale. Monito della mia totale incapacità a compiere un gesto che richieda tanta pazienza e precisione come stirare.
Ricordo ancora la faccia di Matteo quando vide la mia valigia per la prima volta, i vestiti inseriti in modo casuale, ammucchiati era forse il termine più adatto.
Ricordo la mia faccia quando vidi la sua di valigia al ritorno da un viaggio, precisa come quando era arrivato, con i vestiti perfettamente imbustati.
Ricordo ancora la faccia del babbo di Matteo quando davanti alla domanda su quando avrei iniziato a stirare le Polo a suo figlio, risposi in modo poco ambiguo:
Mai! Perché dovrei farlo io?
Ci vuole perseveranza nel non stirare, ci vuole tecnica nello sbattere i vestiti sullo stendino e una buona dose di speranza nel credere che questo basti a dare una piega.
Perseveranza, tecnica e speranza: ci vogliono tante doti per l’arte del Non stirare