In questi mesi di stop forzato e di lunghe passeggiate con il pargolo insonne ho riscoperto la bellezza del tempo dilatato e della luce naturale. Mi sono totalmente disabituata allo schermo gigante retroilluminato e alla luce fredda del neon e gli unici orari che ho seguito erano quelli scanditi dalle sveglie dittatoriali dell’allattamento a richiesta.
Ma la cosa che ho più amato di questi mesi è stato ritrovare il tempo per parlare che avevo completamente perso. Puntualizzo, prima che scatti la risata del pubblico da sitcom americana, ho ritrovato il tempo per conversare. Del niente, del tempo, dei pannolini, del passato e del futuro. Per la prima volta da anni ho avuto la sensazione di parlare più piano, di non dover per forza premere il tasto veloce avanti. E parlando più piano mi sono presa del tempo anche per ascoltare, così per provare qualcosa di nuovo nella vita.
Ho scoperto così la storia di Fiocco, il gatto condiviso.
Ho scoperto che anche se crediamo fortemente di poter possedere un essere vivente, in realtà non lo possediamo mai veramente, che sia un fidanzato, un figlio o il nostro gatto, in realtà noi abbiamo solo la fortuna e il privilegio di dividere il nostro tempo con chi abbiamo accanto fino a che entrambi ci sceglieremo a vicenda.
Insomma… C’era una volta Fiocco, un gatto coccolone e coccolato che entrava la mattina dal portone e usciva la sera dalla finestra, aveva scelto una casa con giardino per passare il suo tempo e due amici coinquilini per sentirsi amato.
Fiocco si faceva pulire, nutrire e curare. Fiocco però, per la disperazione dei suoi nuovi amici, così come arrivava, scompariva. Per giorni e anche per settimane.
Fiocco non aveva in realtà una casa e una famiglia, Fiocco aveva due case e due famiglie. Fiocco aveva due veterinari e due ciotole. Fiocco in realtà non era Fiocco. O almeno non solo quello. Aveva scelto l’amore di più persone, per fortuna alla fine scelse una sola operazione chirurgica all’anca.
Non so come è finita la storia di Fiocco, le notti insonni sono continuate, ma sono tornata al lavoro ad abbronzarmi sotto il neon e il cielo azzurro lo vedo solo il fine settimana. Il tempo per ascoltare si è ridotto notevolmente, quello per parlare lo trovo sempre. Me lo immagino Fiocco, lì che vaga a suo piacimento da una casa all’altra, libero e felice con la sua doppia vita. Un po’ lo invidio, ci sono giorni che anche io vorrei avere un altro nome, cibo differente e tante mani che mi accarezzano.
Quello che è certo che se per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio, dice un vecchio detto africano, per un gatto basta un quartiere.