Voglio vivere all’ Ikea

Qualche giorno fa sono finalmente arrivati i miei mobili Ikea e come tutti i mobili Ikea sono arrivati ridotti al minimo indispensabile dentro tante piccole scatole. Alla vista del divano chiuso in’ unica scatola, un leggero sussulto di coscienza critica anche dopo anni di acquisti svedesi mi è venuto, ma ora che ho il fondoschiena depositato sopra al mio nuovo divano 2 posti color grigio antracite accanto al mio cuscino color senape, va tutto decisamente meglio!

Il sabato passato all’Ikea a mangiare polpette con salsa ai frutti rossi è stato il mio sabato del relax, passata dalla modalità “mamma modello che porta Emma Sveva alle feste di compleanno e resiste a buttarsi nella Baby Dance” alla modalità “Datemi un metro e un lapis di legno e conquisterà il mondo.”

Divano morbido, poggiapiedi, angolo lettura, area verde attrezzata, pranzo pronto e un po’ di sano shopping. Si può vivere all’Ikea?

Quando ti stufi di un divano ti butti sui braccioli di un altro, quando non vuoi rifare il letto ti infili sotto le coperte di quello accanto appena rifatto e dopo aver letto tutti i libri delle librerie un pisolino sulla poltrona/letto non te lo toglie nessuno. La monogamia anche in arredamento è davvero troppo sopravvalutata.

Ci deve essere qualcosa di estremamente manipolatorio nei negozi Ikea, un costante messaggio subliminale che ti chiama a se’ e che ti dice:

Vieni qui, rilassati, prova i divani, riponi i tuoi cappotti in questi armadi, compra tutte le scarpiere di cui hai bisogno, le tue scarpe con noi staranno benissimo, disegnati pure la tua casa ideale e noi te la forniremo in tante piccole scatoline. Comprati solo un cacciavite e sarà tutto Tuo!

Non uscirò mai da questo LOOP e me ne rendo conto. La mia vita praticamente è scandita tra il pre, il durante e il post acquisto Ikeoso.
Mi fa tristezza solo pensarlo, figuriamoci scriverlo.

Ma NOI maniaci dell’arredamento, maniaci del risparmio e forse solo “maniaci” impieghiamo giorni di preparazione a riempire il carrello virtuale, le liste dei desideri, scarichiamo l’app con le disponibilità in tempo reale e poi Tac inizia il giro in negozio.

Mi aggiro nei reparti casa con la stessa sicurezza e convinzione con cui un tempo percorrevo in discoteca il tragitto dall’ingresso al tavolo riservato, in mano non più cocktail e borsetta, ma la Lista, non si sa mai che l’app smetta di funzionare esattamente nel momento sbagliato. All’ingresso mi accolgono tanti piccoli armadietti grigi, dove accuratamente ripongo gli oggetti sensibili da non perdere nel delirio degli acquisti, armadietti che non mi fanno rimpiangere affatto il reparto guardaroba delle Disco, dove ragazze snob arraffavavano sbuffando cappotti con golf e sciarpe infilati nelle maniche pur di non pagare 3 euro al pezzo. 13 anni di discoteca ti preparano alla Vita: la fila alle Poste o 12 ore all’Ikea non ti sembra più la cosa peggiore del Mondo.

Mentre faccio un Pit Stop per ricaricare energie e mangio polpette e soprattutto vedo Matteo che fa lo stesso, mi sembro quasi una di quelle donne casalinghe americane che raccolgono coupon per mesi e che il giorno della spesa si giocano il tutto per tutto, sentendosi minare nell’orgoglio se non riescono bell’obiettivo che si erano prefissate. Il mio obiettivo dopo 8 ore interminabili si è degnamente concluso, rimanendo nel Budget fissato, e con buona incetta di lapis che come le formiche mi invaderanno casa per anni, conscia che nemmeno scrivono bene, ma che con il metro di carta fanno parte della giornata Relax come il puzzo d’uovo quando vai alle terme.

Si vede il divano???????

Io & Bauman

Quando ti rendi conto dalle elucubrazioni ad alta voce del tuo compagno “sul tempo che ammazza l’Io e sull’Io che ammazza il tempo” che si, sta leggendo Bauman e che Bauman ha decisamente preso possesso della sua mente, inizia quella sviolinata senza fine, quell’apologia incensatoria nei confronti del mio mito, quello sociologico almeno.

Un po’ come quando parlo della moda anni ’30 o dei Guns ‘n Roses tendo sempre a diventare Groopie Inside delle mie ossessioni.

Dopo averlo letto, studiato e sottolineato in tutti i treni, biblioteche, sale d’aspetto, insomma in qualsiasi luogo dove potevo e dovevo fermarmi, Bauman l’ho incontrato, due volte e, ovviamente nessuna delle due volte sono riuscita a proferire parola.

Già la possibilità che venisse ad Arezzo ad un incontro in Università mi sembrava quasi impossibile, ma la seconda volta che l’ ho incontrato è stato ancora più assurdo.

In sociologia e in psicologia ci sono varie discussioni sugli aeroporti, sui luoghi considerati di passaggio come ad esempio le stazioni, per alcuni dei veri Non Luoghi privi d’identità, per altri invece luoghi ricchi di senso proprio perché al loro interno la rete di relazioni è fitta. Ovviamente per me che osservo le persone come se fossero dentro un acquario, la seconda opzione è quella più attendibile, in quei luoghi c’è una quantità di vita ineguagliabile.

Portogallo 2014

E’ in un ✈ che ho incontrato Bauman la seconda volta, per la precisione al ritiro bagagli dell’aereporto di Bologna, tornando da un viaggio in Portogallo in cui avevo ingerito una quantità assurda di uova. Dolci fatti solo con tuorli e zucchero, omelette, colazioni all’inglese, frittate, potrei continuare, ma il mio stomaco non reggerebbe.

Densa di proteine animali e muta come un pesce difronte a quel genio con la sua valigia in mano, sono riuscita solamente a diventare color pomodoro 🍅 e a proferire un semplice e banale “Hi!”. Lui, come nel primo incontro ad Arezzo, conscio della mia espressione da ebete, mi ha sorriso. Due occasioni sprecate per la donna che non sta mai zitta.

Spero, un giorno, di essere più prolissa con Axl Rose.

Mi sveglio dal mio ricordo con Matteo che mi riporta alla realtà, più o meno.

M: Come chiameresti un figlio maschio?

Io: Bauman, ovvio

M: Perché Zygmunt è troppo strano, vero?

Io: beh tu lo chiameresti Leone in onore di qualche Papa e tutti penserebbero che lo hai fatto per imitare Fedez e la Ferragni, non so quale stranezza sia la migliore.

Stella, un nome, una leggenda

Stella la sanguinaria, Stellaccia, Stella la mordace, Stellina.

Tanti nomi per lo stesso cane, ricciolo, a volte stopposo, color castagna sbiadita, con la pancetta prominente e il morso facile. Una meticcia dalle origini ignote e dall’indole di una regina, furiosa e con un forte senso del possesso, capitata per questo nella famiglia giusta. Ci contendevamo divano e cioccolatini, russavamo all’unisono, camminavamo insieme e insieme ci stancavamo presto di camminare.

Solo un cane, non un fratello, non una sorella, non un figlio, nessun legame di sangue tra noi che avevamo la stessa chioma autunnale, ma un affetto sincero e burrascoso, passionale e profondo. Dodici anni insieme sono tanti e due anni senza di te sembrano un secolo a volte, pochi giorni altre.

Per Emma Sveva oramai sei diventata una stella nel cielo che dall’alto ci osserva; a me il pensiero che tu mi stia sopra la testa invece mette un po’ansia, io ti immagino in giardino a fare la guardia al tuo territorio e pronta per la prossima buca. Terrena e attaccata a noi, il tuo branco.

Il quartiere in questi due anni ne ha guadagnato in tranquillità e silenzio, il tuo abbaiare era inconfondibile e una certezza in questo mondo così precario. Il silenzio in casa adesso è assordante e preferirei ancora brontolarti per le tue abbaiate notturne.

L’ unico cane che ha confutato il proverbio “can che abbaia non morde”, sei rimasta impressa nella mente di chi ti ha conosciuto e forse anche in qualche braccio, forse non solo un cane, ma un’anima gemella che ha amato ed è stata amata.

Due anni senza 🌟, senza nessuno che mi aspira le briciole da terra, senza nessuno che mi batte in pigrizia e in gola, senza il rumore incessante del tuo bau bau e delle tue corse forsennate per accogliere vicini, ladri, amici e nemici.

Quando Emma mi chiede di regalarle una Stella Bis, io rispondo che passo, non si può duplicare il cane che sembrava quasi più un leopardo che un animale da compagnia. Una leggenda e come tale ineguagliabile

Piccola galleria di me & Stella

Ho venduto la mia anima

Sapevo che la tentazione sarebbe stata troppo forte. Averla in casa, vederla tutti i giorni e fare finta di niente era una sfida troppo grande.

Sapevo che una volta provata probabilmente non sarei più riuscita a fare a meno della sua sensazione di affettuoso calore, fondamentale per affrontare il freddo inverno.

Una dolce melodia che accompagna le serate, un richiamo troppo allettante, il canto soave delle sirene impossibile da ignorare.

In una fredda giornata di pioggia ho ceduto alle mie ritrosie, sentivo la voce lontana di mia mamma che mi intimava di non compiere tale gesto, lei tradizionalista fino alla fine, ma la curiosità e il freddo hanno avuto la meglio sul mio dito.

Alea iacta est.

Non era più possibile tornare indietro.

Il ciclo di 3 ore di asciugatura profonda era oramai partito, avevo intenzionalmente acceso l’asciugatrice e ipnotizzata vedevo girare soffici i vestiti nell’oblo’.

Ancora poco convinta sento la canzoncina dolcissima del fine ciclo, non il suono meccanico e fastidioso della lavastoviglie che ti trapana il cervello fino a che non la spegni, ma una simpatica musichetta che mette allegria.

Non l’ho detto subito alla mamma, lei mi avrebbe detto di aspettare una bella giornata di sole per stendere all’aria, io dal 5° piano quel giorno vedevo solo grigio e si, ho venduto la mia anima per un’asciugatura automatica.

Quando mi stavo già dimenticando la colpa commessa e intravedevo qualche raggio di sole 🌞 così da far contenta la mamma, Facebook mi ha ricordato la macchia indelebile sul mio dito.

Speriamo non lo dicano alla mamma!

Credere nel meraviglioso

Ho la casa invasa dagli unicorni. Sfacciati, vistosi, glitterati e decisamente ingombranti. Mangiano a tavola con noi, dormono nel nostro letto, si depositano su mobili e spuntano da sotto il divano. Varie forme e diverse fatture, ma mai sobri.

Quando Emma Sveva la regina della sobrietà mi ha chiesto per il suo compleanno una festa unicorno con relativa torta in tema ho avuto un leggero tentennamento sulla reale messa in pratica della sua idea malsana, dubbio risolto egregiamente da Pinterest.

Era solo questione di tempo che la figlia si allineasse alla mamma nel progettare feste a tema.

Dalla festa stile crociera anni’50 al mondo fatato degli unicorni il passo è stato breve.

Inoltre dovevo a tutti i costi confutare la maestra che gli aveva rivelato la non esistenza degli unicorni, facendole maledire il mondo a suo dire troppo noioso.

Se posso stipulare un mutuo ventennale e acquistare scarpe per i prossimi 100 anni posso anche credere negli unicorni.

Chi siamo NOI per dire ai bambini in cosa possono credere e in cosa no, per noi è finzione, per loro è semplicemte meraviglioso.

Unicorno dal latino “unicornis” facilmente traducibile in “un solo corno” e’ un animale leggendario presente in moltissime culture e religioni, simbolo di eleganza e purezza, oggetto di una vera e propria ossessione e caccia all’unicorno fino a tutto il Rinascimento

Hanno elefanti selvaggi e unicorni non meno grossi degli elefanti che nel pelame somigliano ai bufali e nelle zampe agli elefanti. L’unicorno ha poi un corno in fronte molto grosso e nero; e vi dirò che egli non si difende con quel corno ma si serve della lingua tutta spinosa e dei ginocchi. La sua testa somiglia a quella del porco selvatico e la porta sempre chinata in basso; ama molto restare tra la melma e il fango; è molto brutto da vedersi e non somiglia affatto all’idea che ne abbiamo noi, né a ciò che diciamo quando lo descriviamo come un animale che si lascia prendere in braccio da una vergine; è proprio l’opposto”. 

Da “Il Milione” di Marco Polo

Marco Polo in uno dei suoi viaggi in Asia vide e descrisse l’unicorno. Creatura decisamente diversa dall’immagine delicata che la cultura dell’epoca ne dava, meno aggraziato, somigliante a un maiale, ma pur sempre un unicorno. Marco Polo si era imbattuto in un rinoceronte e credeva di aver visto il famoso animale mitologico.

Chi siamo noi per dire a Marco Polo che aveva sbagliato animale? E’ un Uni-corno in senso lato pure il rinoceronte. L’altro corno fa solo di contorno al primo.

Piu unicorni per tutti. Nelle torte, a tavola, nei sogni e nella realtà, perché sognare di volare sulle nuvole a cavalcioni di un animale fatato è il più bel regalo di compleanno che Emma Sveva possa mai ricevere.

 

 

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Quando l’amore prende un’altra piega

Quante pieghe diverse può prendere l’amore. Quante cose può significare la stessa persona nel viaggio trascorso insieme?

Il compagno di avventura, la persona con cui ridere e sorridere, il nemico odiato, il coinquilino fastidioso, il padre innamorato, il cuoco perfetto, il co-mutuatario.

Tanti aspetti della stessa persona vissuti in momenti diversi, tanta acqua sotto i ponti da quel primo sguardo alzato sopra un PC, da quel giro alla giostra in piazza della Repubblica a Firenze, dalle serate estive tirate fino alle 4…

Il nostro Bonsai, regalato per il primo anniversario, ha compiuto quasi 9 anni di vita e i suoi 10 cm ce li siamo, più io, sudati tutti.

Miliardi di conversazioni che assomigliano a degli agoni letterari, km di viaggi in macchina e di torri scalate, una valanga di film visti spesso in differita, ore passate a cucinare e a mangiare, pile di stoviglie lavate, due case ristrutturate e una casinista dittatrice di quasi 4 anni.

Tanto materiale, sufficiente per un paio di libri monografici.

Poi quest’estate, durante il pieno caos della ristrutturazione, il nostro esaurimento era alle stelle e il nostro Bonsai ha perso improvvisamente tutte le foglie. Sembrava morto. Tutti lo davano per morto. Per due mesi sembravo una folle che annaffiava una pianta morta.

Quando stavo oramai per arrendermi anche io all’evidenza, dopo 2 mesi di follia, e il tepore di settembre le foglie sono nate, da un ramo nuovo, da un fusto diverso.

Matteo sentenzia che non sia la stessa pianta di prima, ma un parassita che ne ha preso le sembianze.

Io che l’ho annaffiato per 2 mesi, incompresa e folle, so che è solo l’amore che ha deciso di prendere una piega diversa, l’unica che gli permetteva di sopravvivere.

Noi

A.A.A cercasi

L’anima gemella è decisamente sopravvalutata.
Buttiamo anni e miliardi di energie nella ricerca di quella persona che ci renderà la vita appagante e perfetta, sicuri che, dal momento in cui ci convinciamo di averla trovata, il mondo diventerà improvvisamente rosa.

Chiamiamo “amore”, “altra metà” questa vana convinzione e poi finiamo per ritrovarci delusi quando ci rendiamo conto che l’altra metà ha un obiettivo più terreno e meno aulico di quello di regalarti un mondo a tinte pastello… Occuparti il bagno per un’ora tutte le mattine.

Crescendo, ti rendi veramente conto di quali siano le cose davvero importanti e cosa veramente significhi trovare la persona che ti cambierà la vita, in meglio.

Anni e anni di Tv e ci ho impiegato 36 anni a rendermi conto che quello che ho sempre voluto fin dalla più tenera età non era un qualcuno da amare o da sposare, ma da assumere.

Io voglio Niles del Telefilm La Tata, io voglio un maggiordomo H24, voglio una tazza di thè o un bicchiere di vino quando rientro la sera, Emma Sveva sotto le coperte che dorme, la tavola preparata e la cena pronta. Voglio qualcuno che mi prenda il cappotto appena entro in casa e mi chieda come è stata la mia giornata. <<Uno schifo, grazie, ma visto che me lo chiedi Niles te la racconto. Cosa c’è per cena?>>.

Cercasi Niles
No perditempo

La vera anima gemella se gli paghi stipendio e contributi non ti lascerà mai…e ti pulirà pure il bagno!

A perfect day

La felicità è un’utopia a cui idealmente aspiriamo e che spesso ci risucchia in un vortice autodistruttivo. Spesso così tanto impegnati a cercarla che ci perdiamo davvero le piccole cose sensate di ogni giorno.

Stesso errore lo facciamo nella ricerca quotidiana della perfezione. Terrorizzati dall’ errore evitiamo di sbagliare con la conseguenza che non impariamo mai un tubo.

A 36 anni suonati ancora ho bisogno di uno schiaffo di realtà per interrompere il circolo vizioso di stress in cui mi infilo da sola. Come una pentola a pressione devo far saltare il tappo per respirare. Basterebbe un po’ di mare tutti i giorni per far svanire in modo meno isterico la pressione.

Mi vanto tanto di essere una persona “sveglia” e poi casco sempre nei soliti bug del mio sistema segno zodiacale Vergine: spingere all’inverosimile e poi trovarsi con il fondoschiena per terra. I lividi ovunque testimoniano il mio poco equilibrio.

Il mare di ottobre, la natura aspra e selvaggia della Maremma, un neogozio d’antiquariato a Manciano e alla radio “you are so vain” di Carly Simon mentre inizia a piovere. Un po’ più di vanità per tutti, il mondo sarebbe più bello e la gente meno arrabbiata!!!

La pioggia che scombina i piani e ti ritrovi piacevolmente serena di passare un’altra ora in macchina per pranzare nel posto preferito a Campagnatico. Difficile descriverne l’incongruenza tra l’esterno e l’interno: la bellezza di una casa calda e accogliente nascosta dietro una facciata diroccata e delle scale che non ti invogliano a salire.

Nove anni fa lo abbiamo scoperto per caso durante una delle nostre ricerche culinarie del sabato passato al mare e da allora è il Nostro Posto. Semplice e perfetto, caldo e invitante. Il cinghiale, il polpo, le verdure, il montecucco.
Una dichiarazione d’amore, di cui non rivelerò mai il nome.

Degna conclusione di una giornata perfetta

Aspettando la magia

Dovevo capire che la barca dei 35 anni era oramai salpata quando ieri sera per salvare Emma Sveva da una caduta sulle scale mobili sono rovinosamente caduta anche io. E Senza nemmeno avere la scusa del tacco 12.

Ho la testa e le mani troppo occupate in questi giorni a gestire le complicazioni della rottura del mignolo del piede sinistro di Matteo. Incidente misterioso avvenuto sulla spiaggia di Marina di Grosseto in un’ anonima domenica di settembre. Incidente che racconterò puntigliosamente in una lunga serie di post.

Mai rompere le tradizioni. Mai al mare di domenica. Sapevo che il karma mi avrebbe punito per non aver trovato la coda di macchine lungo la strada all’andata.

Da piccola, ossia fino a 5 anni fa, ADORAVO il giorno del mio compleanno. Il mio numero preferito ripetuto due volte. 7 settembre. Qualcosa di magico doveva per forza accadere. E la vigilia era parte della magia.

Stamani sono stanca. Ho sonno. Le incombenze casalinghe moltiplicate causa mignolo, lo scarrozzamento di Emma, le tonalità di grigio da scegliere per la casa nuova mi fanno desiderare solo una cosa: dormire 24 h di fila. Saltare la casella direttamente all’8 settembre. Il lavoro full time in questo vortice mi sembra quasi l’unico elemento rilassante.

Ieri sera, vigilia del mio 36 compleanno 🎂 ho portato la teppista ad un incontro/laboratorio di disegno su Dante nel bellissimo chiostro della Biblioteca comunale. Mi sono seduta e ho assaporato la tranquillità. Ho visto il sole dorato scendere su Piazza Grande e il Duomo di Arezzo mezzo illuminato. Emma correva dietro i suoi piccioni e io non ero più così stanca.

Poi la caduta.

Dopotutto era il 6 settembre.

Niente di magico per me.

Prima della caduta

Le chiamavano vacanze

I giorni che precedono le sospirate ferie sembrano lunghi anni e le ore dei veri e propri mesi. Ancora operativa in ufficio, ti chiedi retoricamente se quei 14 gg basteranno per fare tutte le cose che ti sei prefissato di fare. Retorica allo stato puro, la dura realtà è dietro l’angolo.

Stendo quindi la mia solita noiosa lista di “cose da fare ora che sei finalmente a casa senza nonni e con Emma Sveva molto riposata”.

1) pulire casa 🏡. Quasi quasi torno in ufficio

2) andare all’Ikea per sopralluogo pre-trasloco. Il mio carrello online è in aggiornamento da talmente tanto tempo che alcuni prodotti oramai sono fuori produzione.

3) riuscire a finire almeno 1 dei 4 libri per l’esame di settembre. Già partiamo male.

4) fare vaccino

5) pulire casa dei nonni e chiamare servizio ritiro rifiuti ingombranti per tutti i residui bellici che non posso ridipingere e riciclare.

6) approfittare dell’assenza dei nonni per assediare il giardino.

7) pulire il giardino dei nonni. Vedi sopra

8) controllare l’avanzamento lavori della nuova casa 🏡. La tenda canadese mi sta ancora tentando.

9) passare in banca che ovviamente aspetta che tu sia in ferie per chiudere

10) lavare e pulire la macchina, prima che da color cappuccino sbiadito diventi un mocaccino esplicito

Sento che mi sono dimenticata qualcosa di fondamentale che avrei dovuto fare in vacanza, ma mentre vernicio lo specchio in stile rococò di nonno per il mio nuovo bagno mi verrà sicuro in mente.

Ad maiora