Sapevo che dare due nomi a mia figlia avrebbe contribuito al suo essere istrionica.

Ammetto che sotto sotto volevo complicarle la vita obbligandola a non essere solo Emma, ma Emma Sveva.
Non immaginavo che il suo nome per lei avrebbe avuto quasi una valenza apotropaica, come un amuleto che a forza di ripeterlo le dona forza. Guai a chiamarla con nomignoli, o appellativi come principessa, lei è Emma Sveva, almeno 500 volte al giorno.
Lei è il mio contrappasso, un contrappasso per analogia.
Lei è la personificazione di quelle caratteristiche che il mondo spesso mi ha addotto come difetti.
Dal momento esatto in cui apre gli occhi alla sera in cui finalmente crolla, il silenzio non è un’opzione contemplabile. Un’infinità di parole, urli, canzoni, indicazioni e commenti che lascia senza fiato anche me, per dirla tutta.
Saluta ogni essere vivente in cui si imbatte, presentandosi ogni volta. Pretende di conoscere il nome di qualsiasi 🐕 a passeggio. Conosce tutti i panettieri, pizzaioli, addetti ai supermercati della zona e guai e dico guai se quelle poche persone con cui abbiamo ogni tanto la fortuna di fare due chiacchiere non la considerano e le fanno apprezzamenti sui vestiti.
L’apice della mia punizione divina per essere logorroica e egocentrica è stato raggiunto qualche settimana fa quando a tavola ci ha sottolineato scocciata che non la lasciamo mai parlare.

Praticamente il suo è un monologo continuo a cui certe volte mi impongo di dare un limite, piazzandola davanti a “qualsiasi cartone, telefilm, programma di cucina, docureality” che passa in quel momento in TV.
So che arriverà il giorno in cui parlerà anche con la TV e allora non ci sarà soluzione.
La cosa che mi fa più incavolare?
Che a me gli apprezzamenti su scarpe e vestiti non li fa più nessuno…
Lei è il mio contrappasso