Giuro che ci avevo sperato. Ero convinta di potercela fare. Dopo la traduzione di 3000 versi dell’Ippolito di Euripide sono davvero poche le cose che mi spaventano nella vita e cimentarmi nell’intricato mondo fiscale – addetta alla compilazione dei 730 – mi sembrava l’ennesima sfida da affrontare a testa alta e… con qualche cero acceso in Chiesa. Tanti ceri perché ho finito tutti gli spiccioli in tasca! Ma come dire tutta cera sprecata ahimè perché ieri sera dopo 120 ore di corso e due esami intermedi mi hanno dato il risultato del terzo esame, quello che decideva chi lavorava e chi no. E ovviamente conoscendo la dea bendata che a me mi schiva sempre non sono passata per un soffio. Sigh
E allora mi sono chiesta tra me e me – e tutte le mie amiche e il mio ragazzo e il mio cane – come sono arrivata a questo punto, alla mia ennesima delusione professionale. Perchè dopotutto io non sono davvero fatta per essere Fiscale e dentro di me l’ho sempre saputo. Probabilmente se avessi chiamato la mia banca loro me lo avrebbero detto tre mesi fa.
Così riflettendo tra una pubblicità e l’altra di Grey’s Anatomy ho fatto un piccolissimo rewind mentale… più o meno l’equivalente di 100 proiezioni di Via Col Vento in versione integrale. E questa è la breve storia:
Ci insegnano fin da bambini che dobbiamo sapere un po’ tutto di tutto – senza mai sapere forse niente – iniziamo un percorso, poi ci fanno notare che siamo troppo specializzati e che forse con gli studi umanistici non troverai mai un’occupazione. Peccato che prima ti avevano tutti consigliato il Liceo Classico esaltando le proprietà eccelse… Bla Bla Bla. Allora non scegli Lettere come volevi, ma ti iscrivi a Scienze Politiche perché a sentire tutti ti aprirà tante strade e poi scopri al terzo anno che quelle strade sono tutte strade senza uscita, ma oramai sei dentro e continui a studiare e inizi a farti delle esperienze perché l’esperienza è tutto nella vita, allora fai politica, fai volontariato, ti iscrivi a corsi di cucina, sartoria e fai lavori tanti lavori perchè oggi la flessibilità è davvero tutto nella vita. Fai la babysitter, commessa, cameriera, insegnante privata, stagista perenne mai pagata per enti, amministrazioni, giornali e poi finalmente arrivi alla laurea a 25 anni, un anno più tardi di quanto avevi previsto, ma tanto come dicono tutti l’importante è prendere un voto sopra il 100. E te ti laurei con 106/110, quindi secondo i tutti in teoria sei apposto. Ti sfreghi le mani e pensi che ora si inizia a fare sul serio, finalmente inizia la tua vita e ti compri vestiti da donna manager e cambi anche foto del profilo su facebook qualcosa che dica sono una persona affidabile assumimi. Pensi che ti sentirai come Di Caprio sulla prua del Titanic e invece sei già la sua versione successiva, Di Caprio nelle acque gelide dell’Atlantico.
Infatti quel momento in apparenza fantastico in cui esci dall’università da laureata è invece un vero salto nel buio, niente più esami, ansie, feste passate a studiare, gastriti da abuso di caffè e coca cola, ma non hai neanche più una rete di sostegno e la meritocrazia e il riconoscimento sono solo un mero ricordo di quanto eri tu e il professore a 4 occhi, 8 se quel giorno tutti e due avevamo gli occhiali.
La realtà è ben diversa: vai a fare un colloquio e ti dicono che non ti sei preparata abbastanza per la posizione e che in effetti 7 anni sono tanti per laurearsi. Te gli spieghi che non sono 7 anni, ma 6 avendo tu fatto la 3 più 2 e che ti sei laureata nell’appello di febbraio che fa parte dell’anno accademico in corso e poi arriva il giorno in cui smetti di dare giustificazioni a chi tanto non ti ascolta, ma cerchia solo con una matita rossa il tuo cv inserendo punti interrogativi neanche fosse un test a crocette. Non ti perdi d’animo e vai avanti, nuovi cv, nuovi annunci, nuovi colloqui e scatta un’altra domanda a cui non eri pronta << Signorina, come mai tutti questi lavori diversi? tutte queste esperienze differenti? >> ti spiegano infatti che così sembri una persona confusa e indecisa e te, tentata di ordinare un cosmopolitan solo per rovesciarglielo in faccia, gli rispondi che gli stage non pagano, che fare la giornalista non mantiene e che anche se sai perfettamente quello che vuoi fare nella vita, ossia rubargli il posto di lavoro, ti sei dovuta rimboccare le maniche e cercare anche altri impieghi più remunerativi. E arrivi così a 30 anni che hai conosciuto tutti i tipi esistenti di s-t-r-o-n-z-i tanto che la tua amica ingegnere meccanico ti consiglia di scriverci un libro. E rimpiangi quando gli unici stronzi erano i tuoi fidanzati che ti lasciavano a casa per vedere la Juventus.
Decidi comunque di non abbatterti e ti metti a studiare l’arabo – il mio masochismo non ha confini – e continui a tenerti aggiornata con corsi e quant’altro e ti butti in un nuovo mondo quello degli operatori fiscali e dopo 120 ore di corso, 2 esami intermedi arrivi in fondo e per un soffio puff scartata.
Forse non “per essere fiscali”, ma forse non sono fatta davvero per lavorare.
Vado che mi aspetta una tesina sulla letteratura romanza da consegnare al mio vero datore di lavoro: i miei alunni a domicilio peccato che non li posso inserire come sostituti d’imposta. 730 docet
In Italia non sarai mai valutata per la laurea che hai o per quanto vali e neanche per le tue reali capacità. Questo all’università non lo dicono mai. Vattene da qui perchè questo sistema non valuta le persone. C’è bisogmo di conoscere qualcuno e di avere sempre “l’entrata giusta”. Il personale che fa i colloqui spesso non ha neanche la laurea adatta per capire se sei adatta ad un ruolo. Semplicemente mettono lì chi gli capita e scelgono a simpatia.
"Mi piace""Mi piace"