C’era un tempo in cui, complice forse l’eccessiva visione di Sex and the City, il desiderio più ambito era un armadio pieno di vestiti e una stanza illuminata dedicata interamente alle scarpe.
C’era un tempo in cui il venerdì sera si deponevano i grigi abiti da ufficio e si scorreva inquisitrici il reparto dei vestiti neri da uscita, lamentandoci di non avere mai nulla da mettere.

Da un anno, la casa non è più quell’elemento di passaggio o di momentaneo rifugio, ma è divenuta prepotentemente luogo di lavoro, palestra, cinema, teatro e parco giochi e quell’armadio adesso, che prima sembrava noioso, vuoto di nuove opportunità, adesso è quasi fastidioso per la varietà di quei vestiti neri, eleganti, di pizzo nero. Per non parlare di quelle scatole piene di tacchi dimenticate in un angolo.
C’è un reparto in tutti i nostri armadi che è in perenne attesa, un tempo bisfrattato per la sua poca varietà, oggi guardato con malinconia e richiuso in cerca di qualcosa di comodo, di leggero, di poco strutturato per la nuova vita di tutti i giorni. Non c’è più distinzione tra vestiti grigi e formali di giorno e vestiti eleganti per la sera, c’è la tuta per la casa, i leggins per il lavoro e per la ginnastica in casa, nulla più.
Adesso quegli armadi che prima sembravano vuoti, ci sembrano inutilmente pieni, riempiti in eccesso, non siamo shopaholic pentite nè vittime improvvise della filosofia di Marie Kondo, ma la casa adesso deve contenere tanto, deve essere tanto “altro” e non c’è al momento spazio per quelle gonne strabordanti alla Carrie che frusciano al passaggio e che difficilmente riescono a stare rinchiuse in quegli armadi.
Quei vestiti nell’armadio, adesso mi danno quasi noia.
Ispirato da un da un vero whatsapp