La vita è una scala di grigi

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Forrest Gump paragonava la vita a una scatola di cioccolatini, seduto su una panchina ad analizzare il significato dell’esistenza umana.

Io seduta nel mio sgabello con i gomiti sul marmo grigio della mia isola grigia a fare ripetizioni a una 15enne annoiata ho decisamente un’altra prospettiva. Non vedo davanti a me una scatola di cioccolatini – finita ieri sera – ma vedo la mia bellissima scala in ferro battuto color grigio antracite e ripenso a quale possa essere stato l’esatto momento in cui la mia parte grigia ha superato quella rosa shocking?

<< Lo so tesoro che adesso mi vedi così con gli occhiali e l’apparecchio ai denti che tento di  spiegare l’importanza del latino a te che non ti piace leggere nemmeno un post su Internet, ma se tu sapessi dal 2000 al 2008 su quanto cubi ho ballato io, forse ti sembrerei meno noiosa. Lo so che non  immagini così “vestita come Diane Keaton a fine anni ’70” come sono ora che la maggior parte delle mie scarpe fino a qualche anno fa assomigliavano a quelle delle Holograms e che avevo talmente tanti, ma tanti  brillantini in faccia da rischiare l’arresto per abbaglio notturno.>>

Sarei tentata per svegliarla da quello sbadiglio perenne e dalla possibile cancrena del suo dito indice sullo smartphone di dirle questo e di insinuare in lei un minimo di curiosità, ma c’è qualcosa di peggio del non avere interesse per il latino:  la sufficienza adolescenziale con cui mi sentirei chiedere chi sono le Holograms e perché ballavo su una forma geometrica e allora so già che  il mio cuore non reggerebbe a un mondo di #chissenefrega e #stica!

Mi arriccio i capelli con le dita ripenso all’apparecchio che ho appena messo e mi dico che nonostante il mio apparente grigiore io non sono nessuno per giudicare questa sua indifferenza digitale soprattutto dopo che quest’estate ho sbattuto la faccia su un palo della luce con conseguente crisi ipocondriaca e convinzione di essermi autoprocurata una commozione cerebrale, il tutto per scrivere un messaggio stupido su whats app. Si vede proprio che sono una scema degli anni ’80.

Nessuno è immune  dall’invecchiamento e spesso non ci accorgiamo che qualcosa in noi è cambiato fino a che non ci specchiamo negli occhi  di chi la vita la vede a colori accesi e definiti. Si capisce col tempo che la vita non è né  rosa shocking né  bianco e nero, ma in realtà un’infinita scala di grigi. Si capisce con il tempo che un grigio balena è diverso da un grigio topo e entrambi lo sono da un un grigio tortora; quando si cominciano a vedere le differenze  nei grigi il cambiamento é gia avvenuto e gli stivali fucsia sono oramai  chiusi in una scatola in garage ad aspettare pazienti la prossima festa a tema.

Svegliata dalle mie elucubrazioni inutili sul senso della vita, mi sento chiedere dalla mia allieva 15enne quando ho intenzione di tingermi i capelli bianchi. E io, tentata per una attimo di aprire la finestra per buttarmi di sotto, le rispondo: << tesoro non sono bianchi, sono grigio chiaro e poi mi piacciono  perché mi ricordano che mi piace vivere nelle sfumature>>.

Non siamo noi una continua fusione delle nostre contraddizioni?

I sogni nel cassetto-ne

cassettoneFino a pochi decenni fa era tradizione per le donne che si sposavano portare con sè una dote, come dono al marito.  Che fosse una rendita o un semplice corredo questo dipendeva dalla famiglia d’origine della donna, ma anche se scarna era un obbligo a cui i padri dovevano ottemperare prima del matrimonio. Lenzuola, tovaglie e biancheria sapientemente confezionate da mamme, nonne e sorelle, cucite e riposte in un baule, poi gelosamente custodito e tramandato alle figlie femmine.

L’anno scorso nel bel mezzo dei lavori di ristrutturazione della mia casa e in  piena fase Esorcista, ho ritrovato nel garage dei miei genitori il vecchio baule di mia nonna, dimenticato e trasformato oramai nel porta-attrezzi da falegnameria spicciola di mio padre.

Come sempre, spinta dalle mie miglior qualità,”la tirchieria” e ” il non farmi mai i cavoli miei”, l’ho aperto e, dopo aver dissipato una nuvola di naftalina che avrebbe ucciso persino il povero Eta Beta ci ho trovato dentro un’infinità di lenzuola, stoffe diciamo “vintage” e camicie da notte di seta. Conscia dei prezzi delle lenzuola di seta oggi, mi sono mangiata le mani per come la mia dote era stata così impudentemente maltrattata e resa inutilizzabile, oltre che del disinteresse di mio padre per il mio futuro matrimoniale.

Ma non mi sono persa d’animo e con l’occhio critico di un amante del “vecchio” ho deciso di dare almeno una possibilità a lui, al mio Baule. Con l’aiuto di mani più esperte delle mie, l’ho disinfettato, ristrutturato e me lo sono portato nel mio loft grigio, fiera di esser riuscita a salvare un pezzo della mia storia e tutti i sogni che mia nonna, sua madre e quella prima ci avevano riposto insieme alle trapunte invernali.
Speriamo di non scoprire un giorno che era un mobile invecchiato di Maison Du Monde

Quando si parla del luogo dove riponiamo virtualmente i sogni facciamo sempre riferimento a un misero cassetto, magari di un comodino triste e moderno. Io ho deciso di giocare in grande e del cassetto non mi sono accontentata. Il sogno di scrivere un giorno per “D”, l’inserto del sabato di Repubblica, quello di incontrare Axl Rose prima che si rifaccia le treccine, sposarmi con quell’acido del mio fidanzato e prendere una seconda laurea solo per sentirmi dire che è inutile come la prima sono sogni che hanno bisogno di spazio  e nel caso non lo riempissi tutto mi sono iscritta, una volta alla settimana  a un corso di sartoria per principianti. Con i prezzi della biancheria oggi, meglio armarsi di ago e filo!

Pronta per il si lo voglio!

2014-06-29-18-28-02Say yes to the dress è il programma must per le ossessionate dai matrimoni, altrui per ora. Vasto gruppo sociale di cui faccio parte da ben 20 anni e di cui potrei fare la portavoce ufficiale.

Organizzo il mio matrimonio dalla tenera età di 12 anni, quando durante una lezione particolarmente noiosa di scienze misi su carta – scripta manent – lista di invitati, piani della torta e DJ, senza dimenticare la parte più importante di un matrimonio, la conditio sine qua non per la sua stessa esistenza…l’abito da sposa.

Ai tempi, causa influssi anni’80, assomigliava molto al vestito della Principessa Diana, qualcosa di molto sobrio e per nulla pomposo insomma.

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Oggi, dopo aver vagliato qualcosa come 150.000 abiti direttamente dal mio divano e in collegamento con Kleinfeld N.Y. ho capito che il mio vestito da sposa probabilmente me lo disegnerò da sola, sarta paziente permettendo.

Opterei per un vestito semplice con uno scollo a barca, scollato sulla schiena e rigorosamente dal sapore vintage, almeno per quel giorno potrò far finta di essere nata nel 1905. Capelli mossi appuntati da una parte, rossetto rosso e il gioco è fatto.2014-06-29-18-28-16

Rispetto alla seconda media un bel cambiamento: al posto del rossetto rosso c’era un lucidalabbra super appiccicoso e invece dell’elegante rigo nero sugli occhi l’ombretto rosa glitterato che probabilmente avevo trovato in regalo su Cioè quel giorno.

Ma c’è una cosa che è rimasta tale e quale dalla seconda media: la ricerca dello sposo!

Accantonati i frontman delle principali boyband anni 2000, mi sarei fatta qualche idea in proposito ossia il mio fidanzato che, alla sola parola che inizia per M,  comincia a grattarsi come se avesse la varicella e a compiere voli pindarici da cui non ritorna più.

Ma con il suo sommo dispiacere e disappunto ho convinto i suoi amici a perorare la mia causa – per la madre non c’è speranza – puntando tutto sulla scommessa “Se la Juventus vince la Champions League ci sposiamo”.

E qui, a scommessa accettata, ti rendi conto veramente dove arriverebbe un tifoso per la sua squadra.

Per cause di forza maggiore sono diventata la fan Juventina più sfegatata, ho persino  tappezzato la mia ex cameretta degli unici poster juventini degni di essere appesi cioè quelli di Del Piero e Baggio, ho rispolverato le mie conoscenze tecniche sul fuorigioco e non potendo allenare personalmente i calciatori – che peccato- mi accontento di incrociare le dita da casa. Forza Juve che mi devo sposare!

Diciamo tutti Say yes to the …..Champions.

Basta che poi non mi faccia vestire di bianco e nero al matrimonio..altrimenti dovrò cambiare lo schema dei colori verde mela viola malva scelto nella primavera 2000 e molto molto apprezzato dalle mie future damigelle!

Eremita si nasce o si diventa

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Chi non fb_img_1476482034678.jpgha mai sognato almeno una volta nella  vita di abbandonare la frenesia cittadina e di ritirarsi a vita amena in un cucuzzolo di montagna circondato solo da cinghiali, dalla natura e avvolto dal caloroso abbraccio che solo sky cinema funzione registra ti può dare?

Un bel camino, una montagna di libri finalmente da leggere e che all’occorrenza faccia da fermo alla gamba di qualche tavolo sgangherato e cioccolata calda istantanea a litri. Cosa vuoi di più dalla vita? Niente più stress, traffico, litigate, vicini, soldi e il sogno utopico di una vita pre-urbanizzazione è completo.

E quando  magari oramai logori della cioccolata calda e  spinti dalla solitudine a caccia di cinghiali solo per fare due chiacchiere ci si può sempre avventurare nel primo paese a valle per avere un resoconto efficiente e accurato degli ultimi avvenimenti, locali e non.

Altro che silenzioso ai gruppi di Whats app! Questa si che è pace!

Gli americani sognano la villetta indipendente nel sobborgo fatto di case tutte perfette e uguali, con la staccionata bianca e due Labrador a fare compagnia, io sogno una casetta di mattoni in un paesino sperduto dell’Appennino Toscano, magari vicino all’eremo di Camaldoli così con un po’ di caramelle al miele e due chiacchiere filosofiche con i frati mi terrei la mente allenata.

Potrei indossare scarponi da trekking senza che Chiara Ferragni li abbia già indossati 63217_1756886409938_4081782_ne recensiti o un bel maglione lana tricot e nessuno al mondo mi farebbe il gesto del like quando mi incontra. Potrei leggere tutti i miei sociologi preferiti e dimenticarmi di cosa voglia dire vivere in una società liquida postmoderna, tanto l’unico liquido che vedrei è probabilmente quello della neve che si scioglie e gli unici effetti che sentirei sarebbero quelli del  post-inverno sui miei reumatismi.

Potrei andare avanti per ore ma purtroppo l’immagine di me bucolica/boscaiola è stata infranta dalla sveglia di stamani e dalla consapevolezza che oggi l’eremita 2.0 deve essere abbastanza ricco da permettersi sky e Ciobar a vita!

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Io e la mia renna Stella

Gli uomini in stato di veglia hanno un solo mondo che è loro comune. Nel sonno, ognuno ritorna a un suo proprio mondo particolare.

(Eraclito)

 

 

 

 

 

 

Candy Candy Vs Samantha

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Non mi sono mai fermata a pensare a quale personaggio di Serie TV  o cartone assomigliassi di più; come tutte le bambine dotate di un minimo di ironia precoce e innamorate di Terence odiavo con tutte le mie forze il buonismo e l’areola di Candy Candy, ma forse era semplicemente invidia infantile per i capelli biondi e gli occhi a Manga. 

Certo mi immedesimavo maggiormente con  Margot di Lupin o le tre sorelle di Occhi di Gatto e il fatto che fossero tutte delle ladre oggi mi fa riflettere sulla mia moralità.

Comunque diciamo che non ho più pensato ai cartoni animati in termini di identificazione almeno dalla prima superiore quando  mi ero presa una “fissa” per Piccoli Problemi di cuore piccoli-problemi-di-cuore e per il travagliato amore tra Yuri e Miki. Faccio fatica a ricordarmi le declinazioni di greco, ma in compenso la sigla di questo cartone la potrei cantare per ore! Quando si dice la memoria selettiva.. 

Questo è stato il mio ultimo contatto mediatico con un personaggio inanimato o  almeno fino alla settimana scorsa quando il mio adorato e pungente fidanzato/convivente mi ha spiattellato la dura realtà in faccia e giuro avrei preferito una frittella!

Il misfatto è avvenuto in uno dei momenti della giornata peggiori ossia quando con una voglia pari a zero alle 22.15 stavo lavando padelle e pentole cercando di non infradiciarmi da capo a piedi come tutte le volte e contando i minuti che separavano le mie gambe dal divano grigio.

Lui invece tranquillo e rilassato si aggirava con una certa nonchalance in cucina cercando qualcosa da sgranocchiare, tanto per continuare a sporcare,  quando all’improvviso soffermatosi sulla mia persona pronuncia queste odiose parole: << Certo che qualche volta mi piacerebbe vedere Samantha di Sex and the City e non Candy Candy quando torno a casa>>.

In mancanza di un’immagine che possa riprodurre l’esatta espressione della mia faccia stella-incazzata all’udir di queste dolci parole propongo una valida alternativa: quella del mio cane … Stella la Sanguinaria! 

Pensando di aver capito male il senso della frase gli ho chiesto di spiegarsi meglio. Della serie gli stavo dando la possibilità di salvarsi in Corner o di arrampicarsi su qualche specchio.

Purtroppo il mio adorato AMMORE vive di onestà intellettuale e ha confermato il suo punto di vista: i pantaloni del pigiama a fiori e la maglina di Minnie con due peluche al posto delle ciabatte non era l’abbigliamento più adatto ad una trentenne. E qui ha peggiorato le cose… ricordarmi la mia età anagrafica che non equivale affatto a quella da me percepita. Ossia 22 anni e mezzo!

La pentola che avevo in mano ha faticato non poco a tornare ad altezza consona e solo dopo aver riflettuto sul fatto che l’avevo già lavata. Così ho abbassato le armi e con la scusa che dovevo rinfrescarmi le idee sul personaggio di Samantha l’ho costretto a riguardare tutta la 6° serie di Sex and the City, finale compreso.

La prossima volta spero che citi Rossella di Via col Vento così la vendetta sarà completa.

 

Quando settembre era un inizio

smemoranda2013_16mesi_018Ripenso a quando settembre non era solo l’ultima chance di andare al mare il sabato o di mangiare il gelato  la sera senza rischiare una congestione, l’ultima chance per far prendere aria ai miei piedi nei sandali prima di chiuderli per 8 mesi nel tunnel dei calzini.

Ripenso insomma quando settembre non era solo la fine dell’estate, ma anche l’inizio del nuovo anno, sancito dal mio compleanno una settimana prima del rientro.

Ripenso quando insieme alla tristezza dell’abbronzatura che si sgretola piano piano c’era anche il brivido di tornare a scuola, brivido misto di ansia, paura e adrenalina. Quanto mi manca quell’adrenalina! 

Il primo giorno era come il mio diario, un insieme di pagine vuote che da li a poco avrei  avrei riempito con un’infinità di disegni e scritte quante erano le  penne colorate nel mio astuccio, con i miei resoconti di lunghe e esaltanti serate in discoteca e giornate di shopping compulsivo con le amiche. Io avevo un blog quando non esistevano ancora i blog! E mi facevo selfie quando non esistevano ancora i selfie, con l’unica differenza che a quei tempi Facebook ossia faccia libro era davvero un libro: la mia Smemo.

Rosa, nera a seconda degli anni girava tra i banchi come ora si condividono i link, era piena di dediche come i commenti ad un post ed era tappezzata di mie foto proprio come il mio profilo, solo che prima sprecavo due rullini per farne una decente! Grazie digitale!

Da studentessa classica svogliata mi piaceva giocare con il gerundivo Smemoranda  “cose da dimenticare” riferendomi ovviamente ai compiti e alle interrogazioni, le uniche cose che scrivevo con il lapis per non sciupare il mio capolavoro.

Settembre era davvero un inizio e lo è stato fino all’università, un grosso punto interrogativo sull’anno che sarebbe venuto, dove la curiosità superava sempre la paura

Oggi è il primo giorno di scuola  di moltissimi ragazzi e stamani ho scritto un messaggino a 2/3 che seguo da anni e mentre inserivo faccine sorridenti e in bocca al lupo ho tirato un sospiro misto di ricordi e un po’ d’invidia perché per loro oggi è un inizio, per me invece è semplicemente il 15 settembre.

Aspettate ora che ci ripenso è anche per me un inizio, quello del traffico mattutino. Riaprono le scuole ed ecco che devo partire 30 minuti prima!

 

A.A.A. Resilienza Vendesi

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R-e-s-i-l-i-e-n-z-a. A parte le difficoltà che provo nello scandire le lettere che la compongono, uno scioglilingua è più divertente, secondo la mia modesta opinione questa  parola è davvero brutta sia nel suono che nel significato.

Oggi tutti ne parlano come se fosse la scoperta psicologica del millennio, seconda solo all’inconscio di Freud. In campo psicologico  viene utilizzata  per esprimere la tenacia necessaria per superare eventi traumatici e anche per “resistere agli urti ” della vita quotidiana. Possiamo annoverare tra questi ultimi anche i poco eleganti “calci nel sedere” e le sonore “porte in faccia”.

Ora, non è che tutti i giorni mi sveglio e me la prendo con  un vocabolo solo per il solo fatto che esiste, ma al mio ennesimo “calcio nel sedere lavorativo” questa volta comunicato gentilmente per e-mail  mi sono sentita risuonare nella testa queste 10 lettere e sulla spalla una pacca più dolorosa che consolatoria. Ho pensato come un automa: sono resistente agli urti, sono resistente agli urti e un secondo dopo mi sono chiesta <<<Ma chi  vuole essere resistente agli urti? Non è che da bambina quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo “resistente agli urti”. Non vado a letto più contenta la sera solo per il fatto di aver ricevuto una  medaglia immaginaria con scritto “resilienza forever“>>. Anche se una tutta dorata e con un fiocchetto aiuterebbe!

Non sono mica nata padella! Non ho un libretto d’istruzioni e una garanzia di 2 anni.

A parte il fatto che visto le condizioni della mia schiena, i lividi giallo-violacei sparsi sulla mia pelle  e la bruciatura nella coscia destra procurata dal ferro-arriccia capelli è palese che non sono affatto immune agli urti, ma secondo me ci dovrebbe essere un limite anche alla capacità di superare i problemi e gli ostacoli. Il limite? Utopistico ovviamente. Che il mondo cominci a girare per il verso giusto e che gli ostacoli finiscano.

E ovviamente domani è un altro giorno e un nuovo inizio

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Quando la nuora va in vacanza 

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Oggi è il lunedì dei grandi rientri, anche se molti sono rientrati già da tempo e altrettanti non sono mai partiti, questo 29 agosto segna almeno nel calendario  la fine dell’estate.

Il caldo afoso e la città ancora vuota di questi giorni mi hanno fatto venire i mente il film di Billy Wilder Quando la moglie è in vacanza: per intendersi quello diventato famoso per il vestito bianco di Marilyn che svolazza sopra a una bocchetta dell’aria.

Il film vede una vicina di casa, Marilyn appunto, decisamente  accaldata che volontariamente o no cerca di indurre in tentazione  un povero marito lasciato solo a casa dalla moglie in vacanza.

Aldilà delle connotazioni maschiliste che vedono il solito contrapporsi delle figure della moglie regina del focolare e della amante tentatrice pericolosa, ciò che mi ha fatto riflettere o meglio che è stato illuminante al mio rientro dalle  vacanze è che se non si deve lasciare mai a casa il marito ad agosto non si deve neanche lasciare la casa senza aver chiuso a 8 mani il blindato e un cane da guardia all’ingresso a fare da deterrente.

Dopo un un tour tra Austria, Germania e Repubblica Ceca di 11 giorni con una media di 8 km al gg  passati in compagnia del mio “storico” medievale preferito  avevo appagato completamente il mio bisogno di arte, cultura e freddo polare e avevo esaudito il mio sogno d’infanzia appassionata di Sissi di vedere Vienna e quello di adulta golosa di mangiare Sacher fino a scoppiare. Ho risolto anche l’arcano dei calzini con i sandali dei tedeschi: le vesciche! Cosa volevo di più dalla vita?

Insomma nulla poteva disturbare il mio stato di relax assoluto, nulla se non il fatto che mentre io ero beata beata a fare zapping televisivo in una camera di albergo in Germania, ammirando le nostre ginnaste volteggiare e sognando anche io un futuro da 5 cerchi e da body paillettoso –le Olimpiadi hanno dato alla testa pure a un’asportiva come me,  dove l’A davanti a sportiva mantiene inalterato il suo significato originario  di alfa privativo –  qualcuno quatto quatto intanto entrava in casa mia e..

Puliva tutto!

La prima reazione che ho avuto varcato la soglia  di casa è stata quella di mettermi le bustine di plastica ai piedi come si fa su in una scena del crimine: la casa era completamente sigillata, pulita, lucidata, con tutti i miei vestiti, asciugamani e ciabatte lavate, stirate e chiuse in buste trasparenti monodose profumate.ris

Per 5 minuti ho seriamente pensato che fossero entrati i RIS o i disinfestatori, ma whats app ha fugato ogni dubbio.

<< Ti è piaciuto come ho rimesso apposto la casa?>>

Quando la nuora va in vacanza…la suocera pulisce, piega e profuma. 

Cosa diranno gli storici di noi?

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Dove è finito l’uomo animale sociale di Aristotele?

Alla domanda che interroga i principali studiosi di scienze sociali  ci ha pensato l’evento mediatico del momento a rispondere… Probabilmente è stato  investito dall’uomo digitalis mentre stava cercando di prendere un Pokemon Go in mezzo al traffico cittadino!

L’evoluzione digitale dell’homo ludens, teorizzata dallo storico Huizinga nel 1938  e che vedeva il gioco come una prima forma culturale, sta facendo nascere un caso mondiale da quando questo giochino ha preso possesso delle mani e dei cervelli di molti individui.

Nel turbinio di informazioni quotidiane è veramente faticoso ricordarsi oggi cosa sia successo ieri, gli scoop e le notizie di solito si susseguono senza lasciare tempo a sedimentazione e assimilazione. Ma nonostante la memoria  sempre più selettiva non sono riuscita a cancellare dalla mia mente l’immagine di tutte quelle persone che lasciavano la macchina in mezzo alla strada, colti da improvvisa frenesia perché il proprio smartphone – alla faccia dello smart –  aveva segnalato nel raggio di un km un pokemon raro. Neanche ci fosse stata una svendita di scarpe firmate al 99% e il mio telefono mi avesse comunicato che l’unico numero rimasto era il 37 mi sarei teletrasportata così, almeno prima avrei messo le 4 frecce! 

Capisco che la solitudine e l’emarginazione dei tempi post moderni possa dare leggermente alla testa: dopo ore e ore passate al pc senza parlare con anima viva, relazioni sentimentali vissute e finite su facebook, amici di rete e un Io virtuale più figo di quello reale, grazie ad un app improvvisamente intorno a te si palesano animaletti carini e colorati, simili ai cartoni che guardavi da adolescente e allora il tuo scopo diventa prenderli tutti.

Forse io non sono abbastanza digitalis per questi tempi, ma neanche in uno dei miei  giorni più noiosi, dove chiusa in casa per un’ influenza contagiosa il mio unico divertimento è inviare mail che 9 volte su 10 non ottengono risposta e assistere all’ennesima maratona di Sex and the City mentre il mio cane finge di dormire pur di non giocare con me sarei contenta di trovarmi un Pstella che dormeokemon raro con me nel divano.

L’ultima volta che ho avuto un animalino virtuale avevo 12 anni ed era il cagnolino Bit Bit della Gig, cugino del dinosauro del Tamagotchi, e da quanto mi ricordo la nostra amicizia non è finita molto bene. Infatti è morto dopo che per qualche giorno mi sono dimenticata  di dargli da mangiare. Come si può evincere dalla foto il mio vero cane ciccione non fa Bit Bit ma Bau Bau e se non gli do da mangiare potrei rimetterci un dito.

Comunque visto che per criticare qualcosa la si deve conoscere  ho  provato a scaricare l’app per cercare di capire la follia del momento, ma il mio telefono vetusto con le schermo frantumato si è rifiutato, troppo poco smart forse!

A questo punto ai posteri e agli storici l’ardua sentenza

 

Stasera cuocio io

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Dopo due settimane “a tutto sole” posso finalmente dichiarare aperta la  stagione estiva 2016. Il caldo afoso mi sta già facendo innervosire e  con esso i classici servizi di studio aperto che ogni anno ci ricordano solertemente di bere molto, di stare all’ombra e di non uscire nelle ore più calde. Peccato che azioni quotidiane come lavorare, fare la spesa, impiegare ore in fila in un ufficio siano attività che non si possono concentrare dalle 18 alle 24 e che la mia macchina non abbia ancora previsto il gadget aria condizionata, figuriamoci quello di ombra portatile. La sauna ad 80 gradi ahimè era inclusa nel pacchetto.

Per fortuna che qualcuno ha inventato i vestiti leggeri stropicciati, una grande invenzione del nuovo millennio passata probabilmente inosservata agli uomini, ma di estrema importanza se sei una donna e accendere il ferro da stiro rischia di diventare un’impresa erculea grazie alla quale per un anno puoi evitare di fare la pulizia del viso dall’estetista.

Diciamocelo il caldo è bello quando sei sulla spiaggia col vento in faccia o nuoti  “a cagnolino” in riva al mare, ma quando sei ferma ad un semaforo rosso e ti stai sciogliendo come neve al sole non è più tanto divertente.

Un lato positivo di non essere in vacanza però c’è: in città siamo decisamente salve dalla… terrificante prova costume.
Nonostante il caldo il mio metabolismo rallentato e sonnacchioso dell’inverno fatica, superati oramai i 25 anni, a capire che si deve dare una bella svegliata, perché ben vengano carote e insalate, ma dopo 3 giorni  di dieta il mio cane ciccione comincia a prendere le sembianze di un pollo arrosto che cammina.
Stasera quindi dico basta! A costo di svenire dal caldo ai fornelli e di auto-avvelenarmi cucino io!!! Anche perché il fidanzato cuoco, a causa di una ferita all’indice della mano destra davvero debilitante, non può impugnare padelle e co.
E quando un cuoco latita, per fortuna un altro accorre in aiuto,  virtualmente parlando. Menomale che esiste 
Marco Bianchi, il cuoco salutista oramai consacrato dalla televisione e che seguo appassionatamente da anni, apprezzando  ogni sua ricetta che non preveda del tofù. ( per approfondimenti sul mio rapporto con il tofù) valdichianaoggi.it/…/non-sono-fatta-per-essere-vegetariana-7106646

Stasera, ispirandomi al mio vero colore preferito che è il rosa fucsia, provo con la sua ricetta dell’Hummus di barbabietola. Un classico hummus di ceci con l’aggiunta della barbabietola che credo di non aver mai assaggiato da sola.

Nel caso qualcuno voglia sperimentare con me queste sono le dosi.

200g di ceci lessati
100g di barbabietola lessata
1/2 scalogno
Un pizzico di cumino
4 cucchiai olio evo
Un pizzico di sale
Un pizzico di pepe
Acqua qb

Procedimento: buttate tutto nell’immersione e frullate. Potete mangiarlo temperatura ambiente con un filo d’olio su verdure o sui crostini caldi se avete il coraggio di accendere il forno.

Altolà al sudore e in alto i mestoli che tanto cuocio io! Cucinare è una parola troppo grossa per me!